La cronaca riferisce con sempre maggiore frequenza che anche in Calabria il rinvio di processi per cause legate alla notifica degli atti giudiziari alle parti si stanno facendo più corposi. La sensazione che se ne ricava è che bisogna intervenire con decisione per evitare che ciò che è difficile per altre vie, diventi possibile per questa. Tuttavia è bene dire che non siamo ancora in una condizione endemica che possa preoccupare l’accertamento in tempi rapidi delle responsabilità; ci dobbiamo comunque preoccupare di ricorrere agli opportuni antidoti perché non si alimenti il sospetto che fatti del genere possano accadere anche allo scopo di rallentare l’iter processuale e cadere (o meglio godere) nella prescrizione. Cioè bisogna evitare che una norma prevista a garanzia delle parti si trasformi in un escamotage che possa rendere difficile una situazione giuridica al punto da determinare la perdita della forza del diritto causando effetti ultimi come l’estinzione del reato per prescrizione sul presupposto che a distanza di tempo viene meno sia l’interesse dello Stato a punire sia la necessità di un processo di reinserimento sociale del presunto reo.
Certo è che in Calabria i casi di procedimenti rinviati per “difetto di notifica” sembrano essere in aumento, o forse fanno scalpore perché spesso si tratta di procedimenti particolarmente seguiti in quanto legati a fatti che hanno polarizzato l’attenzione generale. Come dire è un sospetto che deriva da un “eccesso” di attesa. Ma c’è chi sostiene che il susseguirsi di tali episodi allarma comunque l’opinione pubblica.
A Catanzaro, per esempio, non si riesce a portare a termine un caso esploso nel 2007 dopo una denuncia del Rettore e che ha interessato la facoltà di Giurisprudenza. Una vicenda che ha dato vita ad un processo con 72 imputati tra docenti, studenti e impiegati amministrativi accusati di aver creato un sistema di falsi esami che in taluni casi ha portato alcuni studenti anche alla laurea. Che quel procedimento giudiziario, per quanto concerne i rinvii delle udienze, rappresenti un caso lo dimostra l’azione della Procura della Repubblica che ha avviato indagini sul sistema delle notifiche.
A Cosenza un difetto di notifica ha fatto sì che si rinviasse il processo all’ex presidente di Fincalabra, Umberto De Rose accusato di tentata violenza privata nell’ambito dell’inchiesta sulla mancata pubblicazione del quotidiano L’Ora della Calabria evitando, secondo l’accusa, la pubblicazione dell’indagine a carico dell’avvocato Andrea Gentile, figlio del senatore della Repubblica Antonio. E anche in questo caso l’azione della Procura ha fatto sì che il sistema delle notifiche non ne uscisse bene chiedendo e ottenendo dal giudice che la successiva notifica venisse fatta dai carabinieri.
Sempre nella città dei Bruzi ha subito rinvii per l’immancabile “difetto di notifica” il processo sul caso del “sangue infetto” la cui trasfusione avrebbe causato la morte di un pensionato di Rende, Cesare Ruffolo. Imputati i vertici dell’ospedale dell’Annunziata.
A Vibo Valentia i giudici hanno dovuto stralciare la posizione del sacerdote Salvatore Santaguida per mancata notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare. Il prete risultava coinvolto, con altre 12 persone, nell’inchiesta antimafia denominata “Romanzo Criminale” che riguardava il clan Patamia di Stefanaconi ritenuto responsabile di estorsioni, usura, armi e, ovviamente, associazione mafiosa.
Ancora a Catanzaro, due rinvii, a distanza di due mesi l’uno dall’altro e sempre per difetto di notifica, li ha subiti il processo denominato “Pecunia non olet” che riguardava presunti illeciti in materia fiscale e ambientali connessi alla gestione dell’impianto di smaltimento dei rifiuti di Alli. Tra gli indagati imprenditori, professionisti, funzionari dell’ex Ufficio per l’emergenza ambientale in Calabria, l’ex Commissario delegato, Graziano Melandri, e l’ex assessore regionale all’Ambiente, Francesco Pugliano. Agli imputati si contestano, a vario titolo, reati che vanno dall’associazione per delinquere all’evasione fiscale, all’abuso d’ufficio, corruzione, falso e disastro ambientale.
Rischia la prescrizione il processo “Poison”. I giudici del Tribunale di Vibo Valentia hanno dovuto rinviare per l’ennesima volta l’udienza per un difetto di notifica. Quel procedimento interessa 12 persone accusate di aver provocato un disastro ambientale gestendo abusivamente 127mila tonnellate di rifiuti industriali tossici provenienti da Brindisi e finiti illegalmente a San Calogero, in provincia di Vibo Valentia. Sui ritardi nella celebrazione del processo parlamentari del Movimento 5 Stelle hanno presentato anche interrogazioni parlamentari.
Alcuni anni fa a Cosenza il Tribunale aprì e fu costretto a rinviare, sempre per un difetto di notifica, il processo “Telesis” nato da una operazione antimafia che disarticolò una potente organizzazione criminale composta, oltre che da “uomini d’onore”, anche da insospettabili tra cui un maresciallo dei carabinieri che fu degradato e cacciato dall’Arma per collusione con una potente organizzazione ‘ndranghetista.
A Reggio Calabria, per mancata notifica subì la stessa fine degli altri un processo per usura bancaria. Imputati l’ex amministratore delegato di Capitalia, Matteo Arpe; l’ex direttore generale della Banca Popolare di Puglia e Basilicata, Alessandro Piozzi; il componente il consiglio di amministrazione della Cofiri, Pietro Locati, e il direttore generale della Banca di San Marino, Vincenzo Tagliaferro.
E questo è solo un assaggio di ciò che accade dal Pollino allo Stretto!
*giornalista
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