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ANDROMEDA | Gli inquirenti: Iannazzo cosca d'élite

CATANZARO Viene considerata dagli inquirenti una cosca di élite, rappresentante di quella mafia imprenditrice difficile da inquadrare nel panorama criminale. Gli Iannazzo, infatti, pur in assenza d…

Pubblicato il: 14/05/2015 – 13:30
ANDROMEDA | Gli inquirenti: Iannazzo cosca d'élite

CATANZARO Viene considerata dagli inquirenti una cosca di élite, rappresentante di quella mafia imprenditrice difficile da inquadrare nel panorama criminale. Gli Iannazzo, infatti, pur in assenza dei gradi di ‘ndrangheta avevano un nome importante all’interno del panorama criminale calabrese. Il procuratore Vincenzo Antonio Lombardo non ha esitato a definirla una cosca potente, paragonabile ai Mancuso di Limbadi o ai clan di Gioia Tauro e del Reggino. Clan – come appunto i Mancuso, i Bellocco, i Pesce, i Tiarè, i Mazzagatti – con i quali gli Iannazzo avevano legami importanti. Le indagini che nel corso di martedì notte hanno portato all’arresto di 45 persone – alle quali sono contestati a vario titolo i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, omicidio, estorsione, danneggiamenti e detenzione illegale di armi ed esplosivi – sono durate due anni, sono state coordinate dalla Procura distrettuale antimafia di Catanzaro (sostituto procuratore Elio Romano) e hanno coinvolto la Squadra mobile di Catanzaro, guidata da Rodolfo Ruperti, la Direzione investigativa antimafia e la Guardia di finanza che hanno indagato sulle attività imprenditoriali della cosca. Secondo il procuratore aggiunto Giovanni Bombardieri, questa attività è importante perché fa seguito alle operazioni Medusa e Perseo che hanno colpito in particolare la cosca Giampà che con i Iannazzo aveva un sodalizio d’affari. L’indagine si è spostata anche fuori dalla regione, compresa l’Irlanda e il Veneto dove i Iannazzo, tramite prestanome, controllavano diverse attività imprenditoriali. Le vittime dello strapotere dei Iannazzo sul territorio di Lamezia Terme erano gli imprenditori, ma non solo. Tutta l’economia della Piana era soffocata dal potere criminale delle cosche.

 

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«Da domani mattina il cittadino di Lamezia Terme – ha detto il direttore dello Sco, Renato Cortese – non ha alibi per dire che lo Stato non c’è e ci auguriamo che adesso gli imprenditori si presentino a denunciare i loro estorsori». Un esempio emblematico delle vessazioni subite dai commercianti sta nel racconto sull’omicidio di Antonio Perri, padre di uno degli arrestati, Francesco. Questi, con la costruzione del centro commerciale Due Mari, spostava le attività commerciali lontano dai territori di competenza della cosca Torcasio. I Torcasio in un primo momento reagirono con telefonate minatorie nei confronti dei commercianti che si spostavano. Non ottenendo risultati decisero di mandare un messaggio pesante alla famiglia Perri e nel 2003 uccisero il capofamiglia Antonio. Qualche tempo dopo venne trafugata la bara dell’uomo. Saranno i Iannazzo a mostrarsi vicini alla famiglia Perri e a voler ritrovare la bara, dimostrando l’amicizia che intercorreva tra di loro. Dei 45 arrestati, quattro sono stato oggetto di indagine da parte della Dia. Antonio Turi, capo della sezione operativa della Dia, ha specificato: «Ci siamo occupati di evidenziare gli aspetti finanziari e imprenditoriali della cosca, un fitto reticolato di prestanome che permetteva ai Iannazzo di gestire grossi affari. È il caso delle aziende lametine “Tirrena costruzioni” e “Cascina della bontà” gestite da alcuni degli odierni indagati». «Negli ultimi anni la cosca è cresciuta in modo esponenziale – ha detto Rodolfo Ruperti – stringendo negli anni una forte alleanza con i Giampà che prima erano cosca avversa».

Gli imprenditori di Lamezia Terme riconoscevano alle cosche Iannazzo e Cannizzaro-Daponte un assoluto rispetto, al punto da consegnare spontaneamente «i fiori», così come chiamavano in gergo le mazzette, a casa dei capicosca in determinati periodi dell’anno. «I fiori» erano le tangenti che gli imprenditori andavano a portare agli Iannazzo come «atto dovuto», senza che gli esponenti della ‘ndrangheta dovessero preoccuparsi di andare a riscuotere. A svelare questo retroscena è stato Lombardo, che ha aggiunto: «Siamo davanti a una cosca di mafia imprenditoriale che sfugge ai più, perché è molto più difficile colpire settori che navigano tra compiacenza e ambiguità».

Secondo il procuratore, «c’erano imprenditori succubi di questa cosca, che non solo pagavano, ma andavano fino a casa per consegnare “i fiori” consistenti in migliaia di euro per volta. Le imprese della cosca fioriscono perché possono anche prendere materiali che poi non pagano, come nel caso che abbiamo scoperto di un giro di forniture per centomila euro». 

Alessia Truzzolillo
redazione@corrierecal.it

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