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Redditi, cresce il divario Nord-Sud

Resta la speranza, oggi più che mai, ma il dualismo Nord-Sud è sempre lì, non fa un passo. Semmai si accentua il divario, come è avvenuto nel corso degli ultimi dodici mesi. La Calabria continua a …

Pubblicato il: 15/05/2015 – 15:59

Resta la speranza, oggi più che mai, ma il dualismo Nord-Sud è sempre lì, non fa un passo. Semmai si accentua il divario, come è avvenuto nel corso degli ultimi dodici mesi. La Calabria continua a rimanere la Regione con il più basso reddito pro-capite di tutta Italia. Gli indici resi noti dal ministero dell’Economia, relativi alle dichiarazioni Irpef 2014, continuano a mostrare un Paese sempre a due velocità, con Il Nord-Centro che, da solo, contribuisce con più del 61% al reddito complessivo del Paese, con quasi 500 miliardi su poco più di 800.

Nel Centro Italia il reddito dichiarato ammonta a 132 miliardi, mentre a Sud supera di poco i 115 miliardi. Perché il Paese continua a rimanere spaccato in due. Perché i redditi del Nord, in media, arrivano a quasi 22mila euro per persona, mentre nel Sud si bloccano a poco più di 15mila, cioè poco meno del 30% i meno. Nel Centro, il reddito supera di poco i 20mila euro, perché nel Lazio i residenti dichiarano più di 22mila euro. Essendo una Regione di grandi dimensioni – basta pensare alla sola capitale italiana – il Lazio raccoglie quasi il 65% del reddito complessivo dell’Italia centrale. Naturalmente la medaglia d’oro va, da sempre, alla Lombardia che, grazie ai quasi 24mila euro, i cui abitanti sono i più ricchi d’Italia. D’altro canto, industrie a parte, sono davvero pochi i cittadini seduti ai bar o che passeggiano per le strade del centro, turisti a parte.

La medaglia di cartone va ai calabresi che sono i più poveri d’Italia, che si fermano a poco più di 14mila euro. Seimila euro di differenza non sono pochi! Il ministero dell’Economia, con i dati Irpef elaborati dall’Adnkronos vede nell’apposita graduatoria occupare i primi tre posti dalla Lombardia, dal Lazio e dall’Emilia (seguita a ruota dalla Val d’Aosta, dove, pure, i calabresi si sono insediati, lavorano, si trovano bene e si lamentano solo della mancanza del mare), gli ultimi tre posti dalla Calabria (che è proprio l’ultima), dalla Basilicata e dal Molise. Dal confronto con l’anno precedente – ma è quasi sempre così – si evince che il reddito medio nazionale è aumentato dell’1,6%, ma mentre al Nord si è registrato un aumento del 25, al centro poco più dell’uno. Al Sud? Un 15% debolissimo, frutto degli impavidi industriali e lavoratori che sperano che il prossimo sia l’anno migliore, senza chiudere bottega. Hanno speranza nel governo, nella regione, negli enti locali e anche nelle loro capacità e nella loro caparbietà. E anche perché non se la sentono di chiudere, dopo anni di sacrifici, e trasferirsi, armi e bagagli al Nord.

Ricominciare tutto daccapo non è cosa semplice. Il divario, dunque, secondo i numeri è aumentato ulteriormente. Non bisogna farsi il segno della croce soltanto, ma sperare in quello che i governanti fanno, altrimenti sarà la fine per la regione che ha dato il nome all’Italia e non ci resterà che piangere lacrime amare.

Ci meritiamo tutto questo? Credo proprio di no. È vero che abbiamo una criminalità organizzata che fa paura al resto d’Italia e all’Europa e, secondo Gratteri e Nicaso, al mondo intero; è vero che non c’è giorno senza cronaca di quella più feroce che fa paura, dall’Aspromonte (di più) al Pollino, dall’Emilia alla Lombardia; ma è pur vero che chi riesce fa la sua parte. Con i mezzi che ha a disposizione, naturalmente. Se ci si mette di buona lena, però, la ruota non può non girare o stare ferma. Giorno verrà dive padre Cristoforo…

 

*Giornalista

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