CATANZARO Il nuovo ospedale di Catanzaro si farà. Il dato, forse l’unico certo, è emerso questa mattina durante l’incontro promosso da Confindustria Catanzaro per discutere dell’evoluzione della sanità catanzarese partendo proprio dalla questione del nuovo ospedale. Alla riunione, a cui hanno partecipato i vertici della Regione, rappresentata dal vicepresidente Enzo Ciconte e dal commissario ad acta per il Piano di rientro sanitario Massimo Scura, i consiglieri regionali Arturo Bova, Mimmo Tallini e Sinibaldo Esposito, il sindaco di Catanzaro Sergio Abramo, il presidente della Camera di Commercio Paolo Abramo, il presidente della Provincia di Catanzaro Enzo Bruno e Wanda Ferro, ha visto la presenza in platea del mondo dell’imprenditoria, delle sigle sindacali e di alcuni rappresentanti delle associazioni professionali.
Ma una volta sgombrato il campo da beghe campanilistiche e appurata la volontà della Regione sulla realizzazione del nuovo ospedale – «l’impegno della giunta è totale su questo aspetto», ha detto chiaramente Ciconte – bisognerà superare una serie di ostacoli e capire in che modo si arriverà al nuovo ospedale e a finanziarne la sua costruzione. Sempre che di costruzione si tratti.
Sì, perché il problema di fondo, come più volte e fortemente sottolineato da Scura, è l’esigenza di integrazione funzionale tra l’azienda ospedaliera “Pugliese-Ciaccio” e l’azienda ospedaliera universitaria “Mater Domini”, vale a dire l’accorpamento tra sanità regionale e sanità universitaria.
Che il terreno sia particolarmente scivoloso lo si capisce già dall’assenza, sottolineata da Wanda Ferro nel suo intervento, del rettore Aldo Quattrone: discutere di integrazione in assenza di una delle parti in gioco rischia di essere una perdita di tempo. Ad ogni modo, sono comunque venute fuori tutte le difficoltà del casoi: dalla resistenza delle «lobby degli ospedalieri e dei docenti universitari» citata da Tallini fino ai vincoli dell’accordo di programma sottoscritto nel 2007 con cui si paventava la nascita dell’azienda unica. A confermare che saranno parecchi gli interessi che saranno in qualche misura toccati da un provvedimento del genere è lo stesso Scura che spiega: «È una condizione necessaria l’integrazione tra aziende ospedaliera e università. Per farlo, dalle attuali 86 unità operative complesse, si passerà alle 60-62 circa. Questo non significa che saranno tagliate tutte da una parte o dall’altra, ma la razionalizzazione riguarderà entrambe le parti tenendo conto dei numeri e delle competenze dei singoli settori». Tradotto: ci saranno oltre 25 primari che saranno costretti a rinunciare alle loro strutture. Ma l’esigenza di costruire un nuovo ospedale è quanto sta più a cuore alla classe imprenditoriale catanzarese: un appalto di circa 120 milioni di euro non potrebbe non far gola. E allora la risposta di Scura getta scompiglio. Il commissario, guardando al panorama regionale, ha spiegato: «Se oggi avessi un euro da spendere, lo spenderei su Cosenza. Se avessi 50 centesimi, li spenderei su Locri». Questo perché su Catanzaro ci sono 200 posti letto dell’azienda universitaria inutilizzati: allora è plausibile ipotizzare che prima di pensare a costruire un ospedale da 450 posti letto, secondo quanto descritto dal piano sottoscritto da Scopelliti nel 2013, sarà necessario mettere a sistema le risorse attualmente inutilizzate: «Un ospedale da 450 posti mi sembra un’enormità – ha proseguito Scura –, ci metteremo attorno ad un tavolo per discutere di dove e di come fare il nuovo ospedale. Bisognerà però ragionare sul recupero di efficienza: supponiamo di risparmiare 10 milioni di euro. Con questa cifra si può contrarre un mutuo da 120 milioni di euro necessario a pagare la costruzione del nuovo ospedale. Questa deve essere la logica del manager, non quella della richiesta di soldi al ministero senza dimostrare la volontà di invertire la rotta finora seguita».
Un discorso che non ha convinto per niente gli imprenditori, prova ne sia che, appena prima della conclusione dei lavori, Floriano Noto – ex presidente di Confindustria Catanzaro e tra i principali imprenditori calabresi – ha sbottato contro Scura: «Non accettiamo lezioni di management da nessuno: in questa sede ci sono imprenditori che sanno forse meglio di lei cosa significhino efficacia ed efficienza. Non ho interessi nella sanità, ma gestisco un’azienda di 1500 dipendenti e se permette dico la mia: conosco imprenditori che a causa dei ritardi nei pagamenti del comparto sanità sono stati costretti a ricorrere alle banche per non fallire. Se fossi stato al posto dei politici seduti accanto a lei, mi sarei alzato e me ne sarei andato dopo il suo intervento perché il senso delle sue parole evidenziava il fallimento della politica degli ultimi anni», ha tuonato dalla platea l’imprenditore dopo che il commissario Scura, parlando della differenza tra l’approccio manageriale del comparto pubblico della sanità rispetto a quello del privato, aveva dichiarato: «La sanità pubblica si occupa di garantire la salute dei cittadini, la sanità privata, sebbene accreditata presso la Regione, ha il fine del business. Questo sistema per cui si chiede l’accreditamento alla Regione Calabria dopo aver costruito le strutture non può continuare a funzionare. Deve essere la Regione a programmare se fare da sé o acquistare un servizio da terzi. In questo secondo caso, dovrà quindi indicare quale servizio acquistare e in che area attivarlo. Per le strutture già operanti, la Regione deve avere la forza di razionalizzare le forze sul territorio, concentrando le risorse lì dov’è necessario. Come per cardiochirurgia: posto che in Calabria non si può fare la terza cardiochirurgia, due strutture a Catanzaro sono difficili da sostenere e da giustificare oltre che non funzionali. Stabilite queste regole, bisogna trovare la soluzione ottimale».
Al termine del lungo incontro, la certezza che rimane è che l’attuale struttura del “Pugliese” non potrà più essere oggetto di nuovi investimenti e ristrutturazioni: esiste una relazione della Protezione civile secondo la quale ci sarebbero grosse inadeguatezze della struttura in caso di eventi catastrofici. Pertanto, l’edificazione di una nuova struttura si rende necessaria e non più rinviabile. Ma questo tema, sebbene il punto sia chiaro, rischia di complicarsi per una serie di ragioni che, a dire il vero, appaiono più politiche che pratiche. Oggi Scura, finito suo malgrado nella fossa dei leoni e messo in mezzo da politici e imprenditori, si è accorto di quanto il suo ruolo sia difficile e complicato e di quanto il suo approccio – puramente manageriale e avulso dai sistemi che finora hanno gestito la sanità in Calabria – sia percepito come una minaccia al sistema stesso. A fornirgli un supporto ci ha provato Enzo Ciconte, che ha sostenuto la tesi di Scura sull’esigenza di integrazione funzionale tra Regione e Università “Magna Graecia”, un ateneo che in tema di sanità non afferisce alla sola città di Catanzaro, ma a tutta la regione Calabria.
Alessandro Tarantino
a.tarantino@corrierecal.it
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