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Le trattative per riavere indietro la macchina

COSENZA “Lo sai perché sto chiamando”? E’ la frase che veniva ripetuta insistemente dai ladri d’auto cosentini finiti in manette nell’ambito dell’operazione “Dine out”, portata a termine oggi dal N…

Pubblicato il: 19/05/2015 – 16:54
Le trattative per riavere indietro la macchina

COSENZA “Lo sai perché sto chiamando”? E’ la frase che veniva ripetuta insistemente dai ladri d’auto cosentini finiti in manette nell’ambito dell’operazione “Dine out”, portata a termine oggi dal Nucleo investigativo dei carabinieri di Cosenza che ha sgominato un’organizzazione dedita al cosiddetto “cavallo di ritorno”. Si tratta – hanno spiegato gli inquirenti – di un gruppo di professionisti nel furto di auto che si avvaleva di “mediatori”. In questo modo le vittime pagavano per riavere indietro la loro auto. Furti e trattative sarebbero avvenuti in alcune zone della città dei Bruzi, in particolare in via degli Stadi e nell’hinterland. Le telefonate che arrivavano ai proprietari delle vetture erano sempre di rassicurazioni. “Mi tranquillizzavano – ha raccontato una delle vittime agli inquirenti – che la mia macchina era in buone condizioni. Gli dicevo che avevo trovato 1500 euro per averla indietro e lui accettava. Poi mi dava indicazioni di metterla in una busta bianca e di portarla in un posto. A quel punto mi informava anche di avermi cambiato la centralina dell’auto. Mi rassicurava per accertassi che non mi rivolgessi alle forze dell’ordine”. A volte si arrivava a compromessi sul denaro da consegnare ai ricettatori. “Una volta giunto all’appuntamento – ha riferito il proprietario di un auto rubata – mi chiedevano 2mila euro per la restituzione. Ma io dissi che non avevo neanche un centesimo da dare. E allora me ne chiesero 1800. Ancora una volta io ribadii di non averne e allora mi dissero che la mia autovettura sarebbe stata fatta a pezzi. Sono andato via e poi mi hanno contattato altre volte per telefono sempre chiamando un mio zio. Che gli ha poi dato il mio cellulare”. Le trattative andavano avanti fin quando la vittima non si rassegnava e pagava. “Mi hanno contattato altre volte con numeri privati sul cellulare. Fin quando dai 1800 sono passati a chiedermi 1000 euro perché io continuavo a dire che non avevo soldi”.
In un’occasione uno degli arrestati ha contattato una signora per “sapere se voleva indietro la sua macchina”. La signora ha capito subito e lo ha informato di non avere i soldi da dargli perché “sta ancora pagando le rate” e perché aveva “il figlio da mantenere agli studi”. Ma dietro la sua mediazione (“ma se non pagate la macchina non vi viene data”) allora la signora si convince: “Stasera ne parlo con mio marito e vi faccio sapere. Mi lasciate un numero?”. Alla fine è la signora stessa a ringraziare il presunto mediatore che poi altro non era che uno degli arrestati di oggi: “Grazie caro mio”. Una compiancenza tra vittime e ricettatori che – come ha ribadito in conferenza stampa il procuratore aggiunto Marisa Manzini – “ostacola le operazioni e permette al fenomeno di allargarsi”. 

 

mi.mo. 

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