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Il panico dei calabresi

Gli attacchi di panico «episodi di improvvisa e intensa paura o di una rapida escalation dell’ansia normalmente presente. Sono accompagnati da sintomi somatici e cognitivi, quali palpitazioni, sudo…

Pubblicato il: 23/05/2015 – 12:39
Il panico dei calabresi

Gli attacchi di panico «episodi di improvvisa e intensa paura o di una rapida escalation dell’ansia normalmente presente. Sono accompagnati da sintomi somatici e cognitivi, quali palpitazioni, sudorazione improvvisa, tremore, sensazione di soffocamento, dolore al petto, nausea, vertigini, paura di morire o di impazzire, brividi o vampate di calore».
Ecco quello che starebbe capitando ai calabresi, secondo il capogruppo del Pd alla Regione, Sebi Romeo, per colpa di non meglio indicati “settori della società” che hanno riferito della sentenza della Corte costituzionale che delimita le competenze legislative dei consigli regionali quando si trovano i regime di prorogatio. Il capogruppo del Pd alla Regione Calabria, evidentemente, estende alla pluralità dei calabresi i suoi personalissimi attacchi di panico. L’essere riuscito, al suo esordio da consigliere regionale, a firmare, proporre e fare approvare “fuori sacco” una legge ad personam, ha, probabilmente, dilatato il suo “ego” oltre misura.
Intervenendo, fuori tempo massimo, sulla sentenza della Consulta che censura pesantemente l’abitudine incostituzionale di legiferare in regime di prorogatio anche su materie delicate, Sebi Romeo, infatti, ammonisce: «C’è un’eccessiva tentazione da parte di alcuni settori della società di seminare il panico – dichiara Romeo – vero è che la legge mette in discussione la legittimità della legiferazione in regime di prorogatio, ma in nessuna parte della sentenza si eccepisce sulla legittimità delle consiliature».
Insomma «alcuni settori della società», Romeo non riesce a essere più preciso, stanno seminando il panico e lo fanno sostenendo che questo consiglio regionale potrebbe essere sciolto perché eletto sulla base di una legge incostituzionale. L’idea di tornare al voto crea il panico tra i calabresi. Va dato atto che neanche Mario Oliverio si è spinto fino alle latitudini raggiunte da Ernesto Magorno e oggi superate da Sebi Romeo. I calabresi, che non riescono a mettere insieme il pranzo con la cena e vedono nominare manager da 600 euro al giorno; che sono costretti a registrare la mancata spesa di miliardi messi a disposizione dall’Unione europea e vedono confermare nel posto di direttore generale lo stesso “mago” che lavorò per Mancini e Scopelliti; i calabresi che assistono al commissariamento di tutto: sanità, dissesto idrogeologico, porto di Gioia Tauro, Aterp eccetera; i calabresi che ancora attendono un governo regionale a ranghi completi e si debbono accontentare della nomina di un fotografo personale; quei calabresi superstiti che ancora esercitano (ma in misura sempre più ridotta e nell’ultima circostanza in meno della metà) il diritto di voto, sarebbero nel panico perché qualcuno li ha informati che la Corte costituzionale ha sottolineato l’illecito comportamento di chi, alla vigilia del voto, ha cambiato le regole? Suvvia, va bene che la sede del consiglio regionale è stata ribattezzata “Astronave” ma sarebbe il caso che il capogruppo del Pd tornasse sulla terra.
L’unica cosa che genera il panico è proprio il fatto che Romeo scambi fischi per fiaschi, infatti la sentenza 81 della Corte costituzionale non dice che il consiglio regionale dell’Abruzzo era figlio di una “consiliatura illegittima”, dice che era fuori dai poteri ordinari perché la sua consiliatura era finita. Ma, dato che si trova, Romeo ne rifila un’altra delle sue: «C’è una questione importante che differenzia la Calabria dall’Abruzzo – aggiunge il capogruppo Pd – la nostra regione è stata chiamata a legiferare per la riduzione dei consiglieri regionali e per altre osservazioni fatte a suo tempo dalla Consulta e dal governo, dunque si è determinata in relazione a queste». E conclude: «Io credo che sulla Calabria la Consulta si pronuncerà in serenità, su questo tema non vanno sviluppati dibattiti politici».
Ragionamento incoerente: se sul tema «non vanno sviluppati dibattiti politici», perché Romeo non tace e, anzi, interviene paventando che qualcuno semina addirittura il panico?
Nel merito dovrebbe studiare di più e applicarsi un poco. Se lo facesse scoprirebbe che il consiglio regionale precedente non si è limitato a ripristinare la legittimità della vecchia legge elettorale, come chiesto dalla Consulta, eliminando la figura del consigliere supplente e riducendo da 50 a 30 il numero dei consiglieri regionali. Ne approfittò per riscrivere ampie parti della legge elettorale al punto che, con la precedente il candidato a presidente della coalizione sconfitta entrava in consiglio regionale (vedi Loiero e, prima ancora, Chiaravalloti e prima ancora Fava) mentre dopo la cura apportata da Talarico e compagni (in pieno regime di prorogatio e in presenza delle dimissioni del presidente eletto) il miglior perdente, cioè Wanda Ferro, non è stato inserito tra i consiglieri regionali di opposizione.
Basta così poco per gettare nel panico Sebi Romeo? O forse Romeo si riferisce alle sei righe apparse su il Sole 24 Ore? No, quelle Romeo non le ha lette, ne siamo certi, allora gliele riportiamo fedelmente così magari ci riflette sopra un pochino: «Se tale principio – argomenta il maggior quotidiano economico – dovesse ispirare la Consulta nel decidere della legge elettorale della Regione Calabria, le conseguenze sarebbero ben più gravi. Sancirebbe l’invalidità della competizione elettorale conclusa nel novembre 2014 e, con questo, imporrerebbe il ritorno alle urne sotto l’egida della legge elettorale pregressa.
 Non facile il compito della Corte costituzionale, chiamata a decidere sul caso di specie, così come quello dei calabresi, eventualmente richiamati al voto a causa del solito pessimo modo di affrontare i problemi, anche legislativi».

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