LOCRI Due ergastoli (a fronte dei cinque richiesti dalla Dda di Reggio Calabria), poco meno di 120 anni di reclusione e tre assoluzioni. È il verdetto emesso ieri dalla Corte d’Assise di Locri nei confronti degli 11 imputati nel processo di primo grado sulla cosiddetta seconda faida dei boschi, una cruenta guerra di ‘ndrangheta consumatasi nel territorio a cavallo tra le Serre vibonesi, il Soveratese e la Locride. Al centro del processo l’omicidio di Damiano Vallelunga, boss di Serra San Bruno ucciso nel settembre del 2009 davanti al Santuario di Riace.
Tra gli imputati, che rispondevano a vario titolo, tra le altre cose, anche di omicidio, tentato omicidio e associazione mafiosa, presunti boss e killer delle cosche dello Stilaro. La Corte, presieduta da Bruno Muscolo, ha condannato al carcere a vita Vincenzo Gallace (67enne ritenuto il capoclan di Guardavalle) e Giuseppe Cosimo Leuzzi, 61enne boss di Stignano. Per i due, oltre all’ergastolo, è stato disposto anche l’isolamento diurno per un anno e mezzo. Assolti, invece, Antonio Leuzzi e Bruno Vallelonga, per i quali erano stati chiesti 12 anni a testa. Le altre sei condanne riguardano il collaboratore di giustizia Antonino Belnome (15 anni), Salvatore Papaleo (20 anni), Andrea Sotira (26 anni, mentre i pm avevano invocato l’ergastolo), Cosimo Spatari (20 anni e 6 mesi, anche per lui era stato chiesto il carcere a vita), Agostino Vallelonga (20 anni, a fronte della richiesta dell’ergastolo), Roberto Umbaca (17 anni e 6 mesi).
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