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Multopoli, restano in servizio i 12 vigili indagati

CATANZARO Rimangono in servizio i 12 vigili urbani della polizia municipale di Catanzaro indagati nell’inchiesta Palazzo degli ignobili. Nei loro confronti la Procura di Catanzaro aveva chiesto sei…

Pubblicato il: 26/05/2015 – 16:23
Multopoli, restano in servizio i 12 vigili indagati

CATANZARO Rimangono in servizio i 12 vigili urbani della polizia municipale di Catanzaro indagati nell’inchiesta Palazzo degli ignobili. Nei loro confronti la Procura di Catanzaro aveva chiesto sei mesi di interdizione dai pubblici uffici. Richiesta respinta, questa mattina, dal gip Ilaria Tarantino che consente così a Giuseppe Antonio Salerno, capo della polizia municipale e agli altri 11 di continuare il proprio lavoro. Tale procedimento nasce nell’ambito dell’inchiesta – condotta dal sostituto procuratore Gerardo Dominijanni – denominata “Palazzo degli ignobili” e ribattezzata “multopoli”. Le accuse nei loro confronti sono di associazione a delinquere, truffa, abuso di ufficio e falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale. Secondo le indagini condotte dalla Digos, infatti, gli indagati pur di ottenere prestigio in ambito politico si sarebbero associati «per far ottenere o conseguire ingiusti profitti patrimoniali con l’annullamento illegittimo di diverse multe, abusando e strumentalizzando il potere e le funzioni di cui sono investiti». Insomma multe cancellate e trattamento di favore nei confronti di numerosi politici della giunta di Palazzo dei Nobili. Gli altri vigili ritenuti coinvolti nell’associazione sono Salvatore Tarantino, Luciano Calabrese, Domenico Amico, Giuseppe Canino, Maria Teresa De Masi, Rocco Cristallo, Ivan Larocca, Umberto Raimondo, Luigi Talarico, Luigi Veraldi e Luigi Sacco. Secondo il gip le indagini avrebbero permesso di appurare tale sistema teso ad annullare i verbali di contravvenzione nei confronti dei pochi privilegiati. Il giudice ha però ritenuto di respingere l’interdizione dai pubblici uffici poiché non sussistono le esigenze cautelari. Gli indagati risultano, infatti, incensurati e non sussiste un concreto pericolo di recidiva o inquinamento delle prove.

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