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Commercianti oppressi dalla cappa del pizzo

COSENZA I commercianti di Rende stretti nella morsa del racket. “Bisognava mettersi a posto per le feste”. Questa frase è stata ripetuta più volte a un macellaio di Rende vittima delle richies…

Pubblicato il: 27/05/2015 – 14:28
Commercianti oppressi dalla cappa del pizzo

COSENZA I commercianti di Rende stretti nella morsa del racket. “Bisognava mettersi a posto per le feste”. Questa frase è stata ripetuta più volte a un macellaio di Rende vittima delle richieste estorsive della cosca Ruà-Lanzino di Cosenza. Avrebbe dovuto “mandare il regalo” senza se e senza ma. I dettagli dell’incubo vissuto dal commerciante emergono dal provvedimento di fermo, emesso dalla Dda di Catanzaro, nei confronti di Fabrizio Antonino Provenzano. Il 31enne, originario di Reggio ma residente a Rende, da questa mattina è rinchiuso nella casa circondariale cosentina in attesa della convalida, ed è indagato assieme a Mario Gatto e Renato Mazzullo, già detenuti per tentata estorsione in concorso, aggravata dal metodo mafioso. Dalle risultanze investigative e in alcuni casi processuali i tre sarebbero vicino al clan Lanzino. Gli inquirenti – le indagini sono coordinate dal sostituto procuratore della Dda Pierpaolo Bruni – hanno accertato che Provenzano assieme a Gatto aveva incaricato Mazzulla di intimidire la vittima per farlo pagare. Da questo si deduce, affermano gli inquirenti, che esiste un’attività «assistenziale» a favore degli ‘ndranghetisti detenuti e dei propri familiari e che Provenzano fosse rimasto, a seguito dell’attività di contrasto delle forze dell’ordine, il “solo” in libertà a curare gli interessi della cosca, dopo i fermi di Renato Mazzulla (il 14 novembre del 2014) e di Massimo Ciancio e Francesco Costantino De Luca (il 2 aprile del 2015).

Questo risultato operativo è l’ultimo, in ordine di tempo, portato a termine dal nucleo investigativo del comando provinciale dei carabinieri di Cosenza e dal nucleo operativo e radiomobile della compagnia dei carabinieri di Rende, nell’ambito di una mirata attività investigativa finalizzata a verificare le dinamiche dei soggetti “liberi” contigui alla cosca Lanzino-Ruà dedita nell’imporre il “pizzo” ad attività commerciali e imprenditoriali di Cosenza e del suo hinterland, con specifico riferimento all’ambito territoriale di Rende.

All’inizio il macellaio non ha denunciato le pressanti richieste di pizzo, ma ha confermato solo dopo essere stato sentito dalle forze dell’ordine. Le modalità estorisive venivano confermate anche da alcune intercettazioni, finite nel provvedimento di fermo. In particolare, in una conversazione, Adolfo D’Ambrosio, già condannato per associazione mafiosa, parlava in carcere con il figlio dei soldi che doveva pagare un macellaio di Rende. La vittima, lo scorso marzo, ha poi “confessato” quanto stava subendo da tempo: Renato Mazzulla si sarebbe recato da lui per chiedere “il regalo per Natale e Ferragosto”. Il macellaio, comprendendo che si trattava di una richiesta estorsiva, un po’ intimorito, ha ammesso al giovane di avere problemi economici. Ma Mazzulla avrebbe risposto: “Non mi interessa devi pagare lo stesso”. “Mazzulla – ha raccontato il macellaio – è andato via chiudendo la porta con forza. Da quel giorno non ho più visto Mazzulla. Non ho mai sporto denuncia di quanto accaduto perché ho paura per la mia incolumità fisica e maggiormente per quella dei miei familiari, nonché per l’integrità dei miei beni patrimoniali personali e di quelli relativi alle mie aziende”. Il commerciante non è stato in grado di riferire a quanto sarebbe ammontato il “regalo” perché ha subito detto a Mazzulla che non aveva disponibilità economiche e quest’ultimo – a suo dire – non avrebbe avuto modo di spiegare i dettagli. La vittima avrebbe informato delle richieste estorsive soltanto il suo socio. 
Da altre intercettazioni in carcere a D’Ambrosio, è emerso che erano stati Gatto e Provenzano a inviare Mazzulla dal macellaio e a imporre il pizzo ai commercianti di Rende. Perché – è scritto nel provvedimento “il compare aveva detto che bisognava fare un giro”. Per gli inquirenti il “compare” è Mario Gatto perché la moglie ha cresimato il figlio di D’Ambrosio. L’attività investigativa fotografa una situazione allarmante: commercianti costretti a pagare gli emissari del clan: in particolare, tutti si sarebbero attivati per garantire i soldi per detenuti e familiari. 
In una successiva conversazione captata, Gatto parlando con Provenzano avrebbe raccomandato a Mazzulla di “rallentare” con le richieste estorsive per prudenza. Perché per Gatto “non si doveva fare troppa muina“. Nelle intercettazioni Provenzano viene chiamato “Maverick”. Mazzulla, in più occasioni, avrebbe sollecitato i parenti a raccogliere tutti i soldi proventi delle estorsioni per la cosca Lanzino-Ruà. Circostanze già emerse anche nelle dichiarazioni fatte in passato da diversi collaboratori di giustizia, come quelle rilasciate da Angelo Colosso nel 2010 fino alle più recenti affermazioni di Adolfo Foggetti.

 

Mirella Molinaro

m.molinaro@corrierecal.it

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