REGGIO CALABRIA È di 12 anni e 8 mesi la pena finale stabilita dalla Corte d’appello di Reggio Calabria per il boss Pasquale Libri, accusato di aver continuato indisturbato a dirigere l’omonimo clan e ad esercitare il proprio potere criminale anche dopo aver ottenuto la scarcerazione per gravi motivi sanitari. I giudici hanno infatti riconosciuto la continuazione del reato contestato con quello costato una condanna all’anziano boss nel processo testamento, riducendo di qualche anno la condanna a 18 anni rimediata dal boss in primo grado. Per Libri, la nuova condanna significa altri quattro anni di pena residua da scontare ai domiciliari, ottenuti tempo fa per motivi di salute. Per la Corte, che ha accolto l’impianto accusatorio, Libri avrebbe continuato a imporre il suo volere e il suo dominio grazie a Claudio Bianchetti e Antonino Sinicropi – per le stesse accuse processati in abbreviato –, vere e proprie braccia operative dell’anziano boss. L’attività investigativa condotta dal comando provinciale dei carabinieri di Reggio Calabria ha dimostrato come Pasquale Libri, nella qualità di ideatore e mandante, Claudio Bianchetti e Antonino Sinicropi, quali emissari del primo, abbiano vessato l’imprenditore edile Andrea Cutrupi, tentando di indurlo alla consegna di 50mila euro. Un “semplice” prestito, avevano riferito inizialmente all’imprenditore gli emissari del clan, per poi chiarire che quella non era altro che la “tassa di sicurezza” da pagare per poter continuare a lavorare. Una tassa da pagare in silenzio e per intero. «Non pensare nemmeno di presentarti la prossima volta con una cifra irrisoria tipo 10.000 euro. Devono essere 50.000», avrebbero riferito i due all’imprenditore, che ha preferito denunciare le vessazioni subite piuttosto che calare la testa al giogo imposto dal potente clan Libri. Ma Cutrupi non è di certo l’unica vittima della potentissima famiglia di ”ndrangheta. Gli elementi emersi nell’ambito dell’indagine “Terra Bruciata” coincidono infatti con l’inchiesta “Cosmos”, che ha svelato che i Libri avrebbero tentato di mettere le mani anche sul costruendo nuovo palazzo di giustizia. Per ordine del boss Libri, Bianchetti e Sinicropi avrebbero infatti imposto alla ditta “Bentini”, incaricata dei lavori di realizzazione, l’assunzione di maestranze, forniture di beni e servizi necessari per l’espletamento dei lavori, tra cui quello della ristorazione.
a. c.
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