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ELEZIONI | Cosa ci dice il voto in Calabria

LAMEZIA TERME Il giorno dopo è sempre quello dei commenti. Dell’«abbiamo vinto noi», di carri pieni di vincitori e numeri buoni per ogni interpretazione. Cerchiamo di fissare qualche punto – cinque…

Pubblicato il: 01/06/2015 – 15:47
ELEZIONI | Cosa ci dice il voto in Calabria

LAMEZIA TERME Il giorno dopo è sempre quello dei commenti. Dell’«abbiamo vinto noi», di carri pieni di vincitori e numeri buoni per ogni interpretazione. Cerchiamo di fissare qualche punto – cinque – per capire chi esce meglio (e chi peggio) dalle amministrative.

1. Pd a basso gradimento. Al di là delle metafore ingiallite (la più gettonata è la fine della luna di miele tra Oliverio e i calabresi), il voto di ieri non premia il partito che governa la Regione. E che, solo sei mesi fa, aveva portato Mario “il lupo” alla presidenza con oltre il 60% dei voti. I dem hanno perso a Vibo e sono indietro di 13 punti a Lamezia Terme (dove, se vogliono recuperare, devono sperare nel sostegno di Pasqualino Ruberto: non proprio uno di centrosinistra) e Gioia Tauro. Perdono anche a Cetraro, che passa – con un’assonanza che è soltanto lessicale – da Aieta ad Aita. E a Castrovillari sono avanti, grazie all’ex civatiano Mimmo Lo Polito, ma dovranno sudare al secondo turno, perché lo scarto con il “civico” Santagada non è così profondo. Sconfitta? Neanche per sogno: basta consolarsi (Guglielmelli docet) con la vittoria più che bulgara di San Giovanni in Fiore, ritrovata Stalingrado con il 90 per cento ottenuto da Pino Belcastro. Magari non era un referendum su Mario Oliverio e la sua (ancora dimezzata) squadra di governo, ma non mancano segnali preoccupanti: i cittadini non hanno gradito il prodotto di questi primi sei mesi. Tant’è che, per trovare un raggio di sole, il solito Guglielmelli è “costretto” a ricordare, con una mossa che sa un po’ di amarcord, proprio il boom regionale dello scorso novembre.
2. Il centrodestra “civico” vince, dove esiste. Prendi un candidato che arriva dalla società, affiancagli qualche lista civica con scarsi richiami ai partiti, miscela e otterrai una vittoria. Vale in almeno tre casi nel recente passato politico calabrese (Cosenza, Rende e Vibo Valentia). Nel quarto caso, Lamezia, la prospettiva è il ballottaggio da favorito. Se non è uno schema, manca poco. Il fatto è che altrove non solo non c’è lo schema, è sparito proprio il centrodestra. Due esempi: San Giovanni in Fiore e Castrovillari, grossi centri in cui il Pd ha avuto (quasi) campo libero. Segno che se Oliverio non ride, neppure i suoi competitor regionali possono dirsi troppo soddisfatti.
3. Cinque Stelle missing. Il Movimento 5 Stelle, si potrebbe dire al solito (almeno stando alle amministrative in Calabria), non è pervenuto. Ma qui conviene allargare un po’ il campo dell’indagine e guardare fuori regione. I grillini vanno male alle comunali. Dove, si dirà, serve un forte radicamento sul territorio e il flusso delle preferenze segue logiche che non hanno molto a che fare con il voto d’opinione. Più o meno la stessa obiezione emersa nel novembre 2014, quando Cono Cantelmi raggranellò un misero 4,96%. E qui sta il tasto dolente per i grillini calabresi: gli omologhi di Cantelmi ottengono tutti risultati a doppia cifra. Qualcuno, come Alice Salvatore in Liguria, supera il 20%. E Valeria Ciarambino, in Campania, sfiora il 18. La Calabria, invece, continua a riservare molti dolori al Movimento. Che denuncia, anche da Roma, i mali della classe dirigente calabra. Ma non riesce a sfondare, mostrando una controtendenza che, a questo punto, dovrebbe preoccupare i pentastellati.
4. Fuda il rottamatore. Fosse ancora in auge la categoria della rottamazione, l’ex senatore non avrebbe trovato spazio nella tornata elettorale. E invece Pietro Fuda, 72 anni e esperienze lungo tutto l’arco costituzionale, ha rottamato tutti. Ha abbattuto la concorrenza con più dell’80% dei voti. E’ come se Siderno gli avesse consegnato la fascia tricolore una volta presa la decisione di scendere in campo. Un’altra controtendenza calabrese, che fa il paio con il ritorno di Elio Costa a Vibo Valentia: gli elettori non amano rottamare, preferiscono l’usato sicuro.
5. Tutti in consiglio tranne Wanda. Altro sguardo alle sette regioni al voto. Non per discutere di Renzi e Salvini, di De Luca e del tafazzismo ligure, di un 5-2 che poteva essere 6-1. Ma per parlare, solo per un attimo, dei secondi arrivati. Alessandra Moretti, Stefano Caldoro e Raffaella Paita, tra gli altri, si accomoderanno in consiglio regionale, tra i banchi dell’opposizione. Come accade in tutte le Regioni d’Italia tranne in Calabria. Dove a Wanda Ferro questo privilegio (o diritto?) è stato negato da una legge elettorale che sarà giudicata dalla Consulta. Ci piace così tanto essere in controtendenza che rischiamo (se lo vorrà la Corte costituzionale) di dover tornare al voto. 

 

Pablo Petrasso

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