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ELEZIONI | Selezionati e selezionatori

Nel dopo elezioni è inevitabile fare la conta. Non solo delle percentuali perdute ma anche delle motivazioni possibili che hanno determinato la vittoria ovvero la sconfitta. Una volta era di moda n…

Pubblicato il: 02/06/2015 – 14:18
ELEZIONI | Selezionati e selezionatori

Nel dopo elezioni è inevitabile fare la conta. Non solo delle percentuali perdute ma anche delle motivazioni possibili che hanno determinato la vittoria ovvero la sconfitta. Una volta era di moda nei partiti (nel mio Pci era una tappa obbligatoria) riunire i militanti per fare l’analisi del voto. Ciò al fine di pervenire alla sintesi. Alla verità, spesso aggiustata, propedeutica all’autocritica.
Il voto regionale e amministrativo di domenica scorsa ha scoperchiato qualche pentola e inondato le segreterie nazionali (ove ancora ci siano) di acqua bollente. Il tutto nella consapevolezza che il M5S c’è eccome. È ancora. Che è oramai una realtà con la quale dovere fare i conti. La più preoccupata, a ragione, è sembrata essere quella del Pd, l’unico partito in circolazione, nel bene e nel male. Un partito che, in quanto tale, ha fatto cilecca, nonostante governi il Paese tra problemi insormontabili, conseguendo risultati non eclatanti ma positivi, soprattutto sul piano delle riforme. Un partito che ha rimesso pezzi di consenso per non sapere stare insieme, a causa delle solite faide che producono l’astensione all’ingrosso, nella inconsapevolezza di ciò che è il bene collettivo.
Dunque, un partito con un autore straordinario nella sua diversità e che è alla ricerca di un condottiero. Meglio, di un coach vincente. Ciò in quanto è forte negli organismi interni e debole nelle istituzioni territoriali, Regioni e Comuni. Non solo. Quasi inesistente sul territorio del Mezzogiorno, ancora in mano ai “partigiani” sopravvissuti alla rottamazione (rectius al radicale rinnovamento che non c’e’ stato). Quanto alle istituzioni regionali, qualche esempio di disgregazione politica, un Bonaccini in Emilia-Romagna, un Oliverio in Calabria, un Martini in Toscana, tutti di radice bersaniana; uno Zingaretti e un Emiliano disallineati o quasi che dicono (bene) la loro; un Pittella che governa bene in autonomo correntismo e fa proseliti altrove.
Su tutto c’è il problema di armonizzare la convivenza tra rappresentanti e rappresentati. Questi ultimi a rischio di essere ulteriormente attratti dal competitor reale, che ha imparato a fare politica ed è lanciato a divenire nel Paese l’alternativa vincente.
Per fare tutto questo occorre rinnovare l’esercito e rivedere la tattica. Tutto passa per la corretta individuazione dei selezionati. Per farlo bene diventa tuttavia indispensabile preliminarmente “ingaggiare” i più abili selezionatori. I soggetti capaci di individuare i migliori che dovranno sostituire i mediocri che dominano da sempre. Che hanno portato alla rovina irreversibile le regioni del Sud attraverso la loro presenza ingombrante e quella delle loro famiglie, finanche allargate. Che l’attuale partito autorizza a perseverare nel loro disegno criminoso.
Le nuove esigenze sono tali da richiedere la presenza politicamente attiva di giovani talenti che sappiano fare ciò che serve per garantire ai loro coetanei, anche a quelli che talenti non sono, il lavoro, le condizioni favorevoli per mettere su famiglia, una sanità efficiente e un’assistenza sociale adeguata per i loro nonni. A tutti: un ambiente pulito, che sia strumento di produzione del Pil, una pubblica amministrazione consegnata ai più bravi e non ai soliti incapaci, un progetto di inclusione che trasformi gli immigrati di oggi in risorse produttive, così come lo sono stati agli inizi del secolo scorso i calabresi nelle Americhe in senso lato.
Adelante Matteo, anche senza juicio ma con grande determinazione. Magari sostituendo generali pieni di inutile sociologia con nuovi protagonisti capaci di misurarsi con la realtà nell’interesse della Nazione. Soprattutto di quella parte della comunità nazionale meno protetta, lasciata in mano agli inetti e a chi ha fatto della politica il suo unico mestiere, spesso di carnefice generazionale.

 

*Docente Unical

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