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La "buona volontà" che porta lontano

COSENZA Quasi un’eresia parlare di impresa a diciottenni calabresi. Raccontare a loro ed ai loro genitori che esiste un futuro lavorativo diverso dal solito percorso di studi. Università più master…

Pubblicato il: 03/06/2015 – 16:29
La "buona volontà" che porta lontano

COSENZA Quasi un’eresia parlare di impresa a diciottenni calabresi. Raccontare a loro ed ai loro genitori che esiste un futuro lavorativo diverso dal solito percorso di studi. Università più master magari, che fa très chic, l’affannosa corsa verso il posto fisso. Più che altro, dice Lucia Moretti, presidente dell’associazione Goodwill, «restituire a questi ragazzi ambizioni e sogni». Perché a pensarci bene se il sapere che accumuli non riesci a plasmarlo in un’idea concreta, serve a poco. Un progetto per la precisione, quello “pilota” ideato da Anna Laura Orrico e dal team di “Goodwill” e cofinanziato dalla fondazione Vodafone al termine dell’ultima edizione del Calabria day, l’evento che, da qualche anno, coagula le migliori energie dell’intellighenzia nostrana. Che, come obiettivo, si è prefissato di stimolare nei più giovani interesse e competenze imprenditoriali con un focus specifico sulla valorizzazione dei beni comuni. Pronti, partenza, via, all’iniziativa hanno partecipato sei scuole della provincia cosentina, oltre duecento ragazzi, due piccoli comuni come Marano Marchesato e San Basile. Solo due, però, delle cinque in gara, le idee che varranno premiate (con finanziamenti da ventimila euro ciascuno) durante la business competition del 5 giugno al Piccolo Teatro dell’Unical, davanti una giuria tecnica altamente qualificata. Eppure, sottolinea Lucia Moretti, “la vera sfida inizia dopo”.
Moretti, difficile pensare a giovani imprenditori calabresi. Difficilissimo pensare a giovani imprenditori calabresi under 20.
«Direi utopistico in Calabria e in Italia, quasi la norma nel resto del mondo, dove esiste una cultura del fare e dove un ragazzo sa che non basta studiare perché deve sperimentare, sporcarsi le mani, provare e fallire mille volte per diventare non solo un imprenditore di successo ma anche per trovare un lavoro da dipendente. Oggi le aziende non chiedono più i curriculum per reclutare le persone,vogliono sapere a quanti e quali progetti hai partecipato e contribuito».
Come si è svolto il progetto che vedrà la sua conclusione il prossimo 5 giugno all’Unical con la business competition?
«Il progetto “Giovani&FuturoComune”, ideato da Anna Laura Orrico è stato presentato alla Fondazione Vodafone Italia che ha creduto nell’idea e nelle tematiche principali: scuola, giovani, imprenditorialità, cooperazione, beni comuni. Con il team di Goodwill abbiamo cercato due amministrazioni che concedessero due beni comuni e 6 scuole della provincia cosentina che coinvolgessero in tutto 200 ragazzi. Abbiamo strutturato un percorso diviso in due fasi: la prima con l’obiettivo di insegnare come costruire un’impresa (dal business model, al piano di marketing, alle best practice nazionali ed internazionali); la seconda, più operativa, finalizzata alla costruzione di idee di business. I ragazzi, infatti, divisi in team hanno strutturato il loro modello di business, hanno incontrato altri imprenditori, hanno costruito una rete di partner, raccontando il loro progetto e testando le loro idee e ora il 5 giugno si sfideranno. La giuria composta da Fondazione Vodafone Italia, dalle due amministrazioni e da Goodwill decreterà due vincitori, rispettivamente un team che opererà sul premio culturale Pandosia e un altro sull’abbazia di San Basile a cui verranno assegnati due grant da 20.000 euro per avviare la loro impresa. Dopo il 5 giugno pertanto inizierà la vera sfida. Seguire, sostenere e supportare questi nuovi giovani imprenditori».
I beni comuni, focus dell’iniziativa, potrebbero rappresentare il futuro sostenibile dello sviluppo, soprattutto dalle nostre parti.
«Bello pensare non solo di valorizzare e restituire alla comunità dei beni comuni, ma di renderli anche economicamente rilevanti. Dobbiamo imparare ed insegnare alle nuove generazioni l’importanza e la ricchezza che abbiamo intorno, dalle nostre tradizioni alle piazze e ai beni che negli anni sono diventati ecomostri invece che patrimonio. Ancora più bello pensare a giovani che valorizzano la storia».
Ci parli dei partner dell’iniziativa. La Fondazione Vodafone è risaputo investa -meritoriamente- nel sociale. Mentre balza agli occhi la disponibilità di due piccoli comuni della provincia di Cosenza.
«Il progetto nasce nell’ambito della rete del Calabria day, evento che nell’ultima edizione aveva riunito più di 100 partner, per raccontare la bella Calabria, quella operativa, legale, innovatrice. Grazie alla Fondazione Vodafone Italia, l’idea si è concretizzata in un progetto pilota e investire al sud, sui giovani e sull’imprenditoria ha rappresentato anche per la Fondazione una vera sfida. Altrettanto entusiasmante è stato l’incontro con le due amministrazioni comunali. Quella di San Basile, la più giovane d’Italia, con un sindaco e una giunta lungimiranti e collaborativi e quella di Marano Principato, dove già da un po’ di anni si investe nei giovani, nei loro progetti, nel creare spazi virtuali e fisici di confronto e contaminazione. E’ stato dunque importante anche far vedere ai ragazzi che esistono esempi di bella e sana politica, è stato bello far vedere che ci sono amministratori e professionisti che credono nei loro talenti ancor prima che ne siano consapevoli loro stessi».
Insomma, siccome un “convenzionale” percorso di studi, ormai, non garantisce affatto opportunità lavorative, la scelta dell’autoimprenditorialità potrebbe invece rappresentare una risposta concreta? «Credo di si. Personalmente ho investito tutto su questo, e su un nuovo modo di fare impresa. Ma credo che il progetto punti principalmente a restituire ambizioni e sogni ai giovani calabresi. Quando siamo entrati il primo giorno nelle scuole, abbiamo trovato ragazzi rassegnati che alle domande sul loro futuro non sapevano rispondere o timidamente bisbigliavano “speriamo di trovare un lavoro qualsiasi”. Credo che nel raccontare le difficoltà e la crisi della nostra società, nell’essere realistici e non riempirli di falsi miti, dobbiamo allo stesso tempo permettergli di sognare in grande, disegnare un percorso, costruire una professione ed un lavoro. Sicuramente questo progetto non può risolvere tutto questo ma spero che almeno abbia in qualcuno di loro lasciato la curiosità di scoprire le storie legate alla sharing economy, di giovani imprenditori che hanno successo anche in periodi di crisi ma soprattutto la vogli di conoscere e di fare».

 

Edoardo Trimboli

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