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LA SCHEDA | L'avvocato al servizio dei clan

REGGIO CALABRIA Per i pm che lo hanno portato a processo nell’operazione Cosa Mia è il consigliori del clan Gallico, in grado di disegnare per la feroce famiglia mafiosa della piana raffinate strat…

Pubblicato il: 03/06/2015 – 16:11

REGGIO CALABRIA Per i pm che lo hanno portato a processo nell’operazione Cosa Mia è il consigliori del clan Gallico, in grado di disegnare per la feroce famiglia mafiosa della piana raffinate strategie per nascondere l’immensa mole di capitali illeciti accumulati. Per i giudici di Milano e quelli della Cassazione che ne hanno confermato la sentenza, è l’uomo che ha permesso al clan Lampada, di creare la società schermata che permettesse al clan di farsi strada nel mondo dell’immobiliare. In realtà, Minasi è un uomo al servizio della ‘ndrangheta. Tutta, senza distinzioni. Quella delle ndrine radicate al Nord e quelle della natia Calabria, le famiglie della Piana, come quelle che hanno costruito il proprio impero fra la Lomellina e Milano. Di quella «vera e propria ragnatela di relazioni inestricabili e connesse in cui tutti prendono e danno qualcosa. Il giudice Giglio ci guadagna il posto per la moglie, Morelli il sostegno politico e gli affari comuni con i Lampada, Giusti viaggi e donnine, Luigi Fedele – capogruppo Pdl in regione Calabria- il sostegno elettorale, i Lampada le notizie sulle indagini che li riguardano e l’allargamento delle loro conoscenze politiche ed istituzionali», scrive il gip Gennari, Minasi è uno dei nodi centrali. Relazioni che secondo l’accusa l’avvocato ha messo a frutto anche in Calabria.
Già finito nei guai nel lontano ’94, condannato in primo e secondo grado per aver per aver ricoperto il ruolo di prestanome della cosca Molè, l’avvocato sembra non aver perso il vizio. Ma ha decisamente allargato il proprio giro d’affari e la sfera di influenza. Diviso fra i suoi studi a Palmi, Milano, Como e Lugano, Minasi – nel quadro disegnato dagli inquirenti della Dda di Reggio e Milano – è un uomo che mette competenze, conoscenze e relazioni nelle mani dei clan. In Calabria sono i Gallico i suoi migliori clienti, famiglia di ndrangheta che da anni tiranneggia Palmi all’ombra delle potenti cosche della Piana. Per loro Minasi – si legge nella carte – era non solo il legale di riferimento, ma anche il vero “consigliori della cosca, gestendone gli interessi economici e fornendo consulenze in materia finanziaria e intermediazione immobiliare”. E soprattutto capace di metterne i patrimoni al riparo da sequestri e confische, tramite società di comodo intestate a prestanome, costituite in Italia, ma soprattutto negli Stati Uniti e in Svizzera, dove il suo studio – con la collaborazione del notaio Borelli, morto suicida qualche anno fa – si era convertito in un hub dei capitali illeciti e società fittizie.
Un meccanismo che Minasi – stando a quanto emerge dalle inchieste – ha ideato, conosce perfettamente e propone candidamente ai propri clienti, come racconterà Teresa Gallico al fratello Domenico, durante un colloquio in carcere “Sono andata ieri, gliel’ho detto… a Minasi, «avvocato… questa situazione è molto delicata, cosa si può fare?». «Molto semplice», ha detto…«venite a Lugano…». A Lugano, dove per i Gallico, Minasi costituirà la Zenas Llc, formale proprietaria di quasi 70mila metri quadri di terreni, formalmente intestati ai coniugi Giuseppe Surace e Grazia Melissari, ma di fatto appartenenti alla cosca colpita dall’operazione della Dda reggina “Cosa Mia”.
I medesimi servigi, Minasi li metteva a disposizione dei Valle. «Non c’è dubbio che Minasi abbia piena consapevolezza di questo sistema», scrivono i magistrati nell’ordinanza di custodia cautelare, «è lui stesso a consigliare più volte i Lampada di costituire società off shore o intestate a terzi a loro non riconducibili. È sempre Minasi che consiglia strategie diverse – tra cui spostare il patrimonio nell’Est europeo o in Illinois – per salvare beni e società. Ed è ancora Minasi a dimostrare familiarità nell’assumere il ruolo di prestanome». Un ruolo che per i Valle assumerà nella “Indres immobiliare”, della quale il legale appare come socio unico e amministratore al fine di occultarne la vera proprietà e «consentire l’anonima partecipazione» degli stessi Lampada «alle aste del Tribunale di Reggio Calabria». Ed è proprio Minasi, che in una intercettazione confessa di sospettare di essere ascoltato, a inoltrare la richiesta di cancellazione della Indres dal registro della Camera di Commercio di Milano con domanda del 30 giugno 2010. “Il suo contributo – scrivono i giudici – è assolutamente essenziale alla vita dell’associazione, alla sua crescita e alla sua difesa. Minasi orienta quotidianamente le scelte degli associati, definisce le loro strategie di inabissamento, li induce a porre in essere quelle cautele estreme che renderanno assai più difficili le indagini nel corso dell’anno 2010”. Ma non riusciranno a fermarle.

 

Alessia Candito

a.candito@corrierecal.it

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