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Scopelliti e la doppia morale del Pd

Su un punto converge l’analisi di ampi settori del centrodestra e di non trascurabili settori del centrosinistra: il Pd rischia di dimostrare nei fatti una doppia morale o, peggio, un ritorno all’a…

Pubblicato il: 03/06/2015 – 11:21
Scopelliti e la doppia morale del Pd

Su un punto converge l’analisi di ampi settori del centrodestra e di non trascurabili settori del centrosinistra: il Pd rischia di dimostrare nei fatti una doppia morale o, peggio, un ritorno all’antico per quel che riguarda i cardini del proprio Statuto.
Quanto basta per far ritrovare spazio e voce anche all’ex governatore calabrese Peppe Scopelliti che, in una lunga intervista rilasciata a Libero, ha gioco facile nel sottolineare: «Il comportamento di Vincenzo De Luca lascia senza parole. Io, in analoga situazione, mi sono dimesso per permettere ai cittadini di scegliere un nuovo governatore. Lui ha fatto l’esatto contrario: si è candidato già sapendo di non poter governare la sua Regione». In effetti, fino a oggi le uniche vittime eccellenti della “Severino” sembrano essere proprio Scopelliti e Silvio Berlusconi, e anche nel merito dell’applicazione di tale contrastata norma Scopelliti, nella sua odierna intervista, offre degli elementi oggettivi: «Intanto vorrei ricordare che il decreto che dichiarava la mia sospensione è stato predisposto dopo soltanto 24 ore dalla pronuncia della sentenza e firmato da Renzi in appena 20 giorni. Mai vorrei che la particolare e imbarazzante situazione in cui si è cacciato il Partito democratico fosse oggi il pretesto per riesumare il dibattito sulla legge Severino, fino ad ora volutamente evitato, anzi osteggiato. L’esigenza – osserva ancora Scopelliti – di porre rimedio ai danni generati dalla Severino è ormai ampiamente riconosciuta e l’urgenza di intervenire deve nascere, più che dalle posizioni soggettive, dalla necessità di tutelare i territori e le comunità».
Dalla sua angolazione, legittimamente, Scopelliti tenta di trarre il massimo vantaggio dal ripiegamento che il Pd sta attuando sul fronte della trasparenza delle liste e della rappresentanza amministrativa.
Anche all’interno del Pd, soprattutto di quello calabrese, poi, si ha modo di trovare ampie prove di un uso strumentale delle vicende giudiziarie. Il caso forse più eclatante è quello di Maria Grazia Laganà, vedova del vicepresidente del consiglio regionale della Calabria assassinato per mano mafiosa all’interno del seggio che inaugurava il ricorso alle “primarie” per la scelta delle candidature nel Pd. Su quel delitto e sulla storia, personale e politica, di Franco Fortugno, il Pd costruì una intera campagna elettorale. Poi, ecco che sul finire della legislatura, in sincronia perfetta, arriva prima una denuncia a firma di un medico che lavorava con Fortugno quando questi era primario del Pronto soccorso di Locri, poi una condanna in primo grado per abuso d’ufficio per Maria Grazia Laganà, per fatti connessi alla sua professione di direttore sanitario.
Il Pd si dilegua e Maria Grazia Laganà lascia la commissione parlamentare Antimafia e si auosospende dal partito per “non inquinare” la linea di intransigenza che all’epoca di era deciso di portare avanti. Ovviamente di una sua ricandidatura neanche si parla e la carriera politica dell’onorevole Fortugno non solo si interrompe lì, ma cede il passo alla necessità di difendere, con querele e comunicati stampa, persino l’onorabilità di Franco Fortugno dagli attacchi che arrivano proprio da esponenti del Pd senza che i vertici del partito, a cominciare dal segretario provinciale Sebi Romeo, muovano un dito in sua difesa.
Ecco, nel caso di Maria Grazia Laganà non è stata necessaria neanche la “Severino”, è bastato il ricorso a quel “codice etico” che adesso il Pd calabrese ha deciso di mandare in soffitta, come dimostrano i casi di Nino De Gaetano e di Sebi Romeo, tanto per non restare nel vago.
Nel frattempo, Mariagrazia Laganà è stata assolta con formula ampia in Appello, i fatti che gli erano stati contestati semplicemente «non sussistono». Se ne è accorto solo il vicesegretario Guerini, che ha fatto pervenire un suo messaggio di soddisfazione e apprezzamento. Il Pd calabrese e i colleghi calabresi tacciono e, tacendo, rimuovono ogni freno inibitorio rispetto all’adesione al codice etico di bersaniana memoria. E guai a Rosy Bindi se si ostina a non adeguarsi…

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