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Si festeggia la Repubblica mentre muore la politica

Per una strana coincidenza le operazione elettorali delle elezioni del 31 maggio hanno coinciso con la ricorrenza della nascita della Repubblica. Le urne ci hanno offerto un quadro desolante della …

Pubblicato il: 03/06/2015 – 8:16

Per una strana coincidenza le operazione elettorali delle elezioni del 31 maggio hanno coinciso con la ricorrenza della nascita della Repubblica. Le urne ci hanno offerto un quadro desolante della politica. Dal confronto elettorale non è emersa nessuna indicazione sulla necessità di aprire un processo di trasformazione di un regionalismo che non va e che, giorno per giorno, appesantisce i problemi del Paese. Tutto si è concentrato sui candidati presidenti, come era giusto, come portatori di una proposta tecnica-elettorale e non di un progetto complessivo. Nessun cenno ad una progettualità, ad una visione aggiornata dei rapporti tra istituzioni e cittadini ma solo una corsa a consolidare e rafforzare una polarizzazione centralista regionale.

Gli sprechi, gli appuntamenti mancati, lo squilibrio tra costi e benefici sono temi non trattati. L’unico fatto nuovo è il tentativo di sottrarre competenze alle regioni da parte di un esecutivo vocato al predominio che sottrae quote sempre più ampie di democrazia. Nessuno impegno a rivedere quella brutta riforma costituzionale del 2005 ma a perseguire riforme inutili e non indolori. E per i comuni si affievolisce la loro centralità e la democrazia, che è partecipazione dalla base, perde vigore. Allora sia festa della Repubblica. Ma quale repubblica? I partiti muoiono sostituti da movimenti personali che battono sul terreno del populismo, della cosiddetta democrazia diretta che sterilizza i momenti intermedi ed di fatto emargina i cittadini. Chi ha vinto? Non è chiaro. Certo l ‘astensionismo è enorme se si pensa che le consultazioni erano amministrative. I cittadini non si riconoscono nella classe dirigente. Allora per chi si governa se i governati hanno un rigetto pericoloso? In questo scenario le incertezze aumentano, la stabilità non è garantita, l’alternanza bipolare è assorbita da un neo-multipolarismo e da spinte estremistiche. Ritornare al centro significa operare un giusto riequilibrio. Nessun partito stato o della nazione, ma partiti della gente, che va coinvolta e non utilizzata per le comunicazioni “di servizio”. Debbo ringraziare i candidati e i dirigenti del Cdu per il loro impegno e per i molti risultati positivi raggiunti nelle regioni e nei comuni. Avremo modo nei prossimi giorni di fare una analisi approfondita. Ma fin d’ora possiamo dire che si aprono molti spazi per il nostro disegno. Ci sono certo ancora trombettieri e tamburini. Ma a lungo andare raccolgono poco. E allora la vera alternanza è ancora quella di un tempo: tra chi intende difendere un sistema di garanzie democratiche e tra chi traduce in politica populismi e avventure che solo, a pensarci avvertiamo grande oppressione.

 

* segretario dei Cristiani democratici uniti

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