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I migranti in porto con gli angeli del Mediterraneo

REGGIO CALABRIA Non stanno ammassati sul ponte esposti al sole impietoso o al vento che non smette mai di soffiare, ma protetti da un telone si affacciano quasi sereni dalla nave, salutando qu…

Pubblicato il: 04/06/2015 – 10:54
I migranti in porto con gli angeli del Mediterraneo

REGGIO CALABRIA Non stanno ammassati sul ponte esposti al sole impietoso o al vento che non smette mai di soffiare, ma protetti da un telone si affacciano quasi sereni dalla nave, salutando quella terraferma che a molti – per troppi giorni – è sembrata un inarrivabile miraggio. Sono arrivati tutti in buone condizioni, rifocillati e reidratati i 307 migranti, fra cui 47 donne e 7 minori, accompagnati a Reggio Calabria nel pomeriggio dalla Bourbon Argos, la nave ospedale che Medici senza frontiere da quest’anno ha impegnato nel Mediterraneo. “Novantanove – spiega il presidente di Msf, Loris De Filippi – li abbiamo recuperati noi ieri mattina, mentre altre 208 persone sono state salvate da una nave britannica, quindi trasbordate da noi a bordo”. Fatta eccezione per una quindicina di persone ustionate da contatto con idrocarburi, presumibilmente perché schiacciate vicino al motore della carretta del mare su cui viaggiavano prima di essere soccorsi, stanno tutti bene. Non appena sbarcata una ragazza all’ottavo mese di gravidanza è stata accompagnata in ospedale per i controlli del caso, come un uomo con una vistosa ferita al piede, una decina di migranti affetti da scabbia sono stati isolati per essere sottoposti a trattamento, ma a bordo non ci sono casi critici. E sulla nave ospedale di Msf chi aveva bisogno di terapia ha ricevuto i trattamenti del caso.

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Un piccolo miracolo costruito con sforzo e dedizione dalla combattiva ong da tempo impegnata in situazioni di crisi e aree di conflitto, che da quando il Mediterraneo è divenuto teatro di una carneficina quotidiana e silenziosa ha deciso di non stare a guardare. “La missione nasce perché dopo la sospensione di Mare nostrum ci è sembrato molto importante dare continuità all’attività di soccorso – dice il presidente Loris De Filippi, imbarcato con il team adesso in navigazione – nella speranza che altre barche da tutto il mondo potessero unirsi nelle operazioni di salvataggio”.

Una decisione non semplice e soprattutto economicamente impegnativa per una ong, ma divenuta necessaria per “provare ad evitare – sottolinea De Filippi- che il Mediterraneo diventasse un cimitero. Pensare che la fine di Mare nostrum avrebbe segnato la fine degli sbarchi è un errore tragico e clamoroso. La sospensione del programma ha provocato in qualche modo 1700 morti all’inizio dell’anno. Per questo motivo, oltre ad altre riflessioni, abbiamo deciso di fare uno sforzo anche economico per andare in mare”. Un impegno del tutto nuovo per Msf, le cui squadre di sanitari e logisti hanno dovuto imparare come mettere a frutto la lunga esperienza in situazioni limite su una barca in navigazione. Attività per nulla semplici perché “lo spazio è piuttosto ristretto e noi non siamo abituati a fare soccorso diretto quindi abbiamo fatto dei corsi specifici in Bretagna proprio per addestrarci alla pratica di scendere con i gommoni e soccorrere le persone, per imperare ad usare i verricelli per immobilizzare i pazienti e portarli a bordo. Per noi erano attività completamente nuove . Certo, noi siamo abituati all’urgenza quindi l’intervento non è un problema, ma i dettagli tecnici li abbiamo dovuti rivedere”.

A bordo della Bourbon Argos c’è una squadra di tredici persone, fra sanitari e logisti, più l’equipaggio. L’imbarco generalmente dura un mese – proprio stasera la nave farà rotta per Augusta dove è già pronto il nuovo team – per una missione che stando ai programmi dovrebbe durare almeno tutta l’estate. “Poi si vedrà”, dice De Filippi, forte dei risultati che in questi primi mesi di impegno Msf può vantare. “Finora abbiamo soccorso circa 2200 persone di cui più di trecento donne e parecchi bambini, quindi l’attività è molto importante. Ovviamente non siamo impegnati solo noi, ci sono altre imbarcazioni di altri Paesi impegnate, ma si tratta di un’attività importante perché così si riescono a prevenire delle morti sicure”. La degenerazione sempre più rapida delle condizioni geopolitiche in Medio-Oriente e Centro-Africa ha spinto un numero sempre maggiore di persone ad affollarsi sulle coste libiche in cerca di un futuro emancipato dalla mera sopravvivenza e che possa essere definito tale.

“Si tratta di persone che fuggono da paesi difficili come la Somalia, l’Etiopia, l’Eritrea e altri ancora e che vivono una situazione infernale in Libia. Molti di loro ci hanno raccontato cose terribili, di violenze, torture che hanno subito”. Un inferno da cui i più finiscono per voler fuggire il più in fretta possibile nonostante il terrore del mare. Sono consapevoli che i barconi sono poco più stabili di un guscio di noce, ma non importa. Il personale di Msf che ha ascoltato le loro storie e raccolto frammenti delle loro vite racconta che per i più è preferibile rischiare la vita una volta, piuttosto che perdere la propria umanità quotidianamente. Così salgono su barconi fatiscenti e carichi all’inverosimile spesso affidati a chi – come loro – cerca una vita dall’altra parte del Mediterraneo, ma accetta una bussola e il compito di portare la carretta del mare il più vicino possibile all’Europa, seguendo rotte e indicazioni approssimative. Quattro di loro, presunti scafisti, sono stati fermati dagli uomini della Mobile, dopo che la nave è entrata in porto. Un’attività che a medici e infermieri di Msf non riguarda e di cui importa relativamente poco. “Noi – dice il personale – siamo qui per salvare delle vite, dal resto ci teniamo alla larga perché non ci compete”.

 

Alessia Candito

a.candito@corrierecal.it 

 

 

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