Il punto è drammaticamente semplice: dopo i paroloni, le ostentazioni muscolari, i rassicuranti richiami alla vigilanza sugli interessi della Calabria e dei calabresi, Mario Oliverio deve dimostrare nei fatti se intende abdicare completamente ai suoi doveri o se farà qualcosa di immediato e di concreto per stoppare il comportamento illegittimo e debordante del duo Massimo Scura-Aldo Quattrone.
Parimenti è il caso di attendersi, a stretto giro, le dimissioni di Franck Benedetto da commissario degli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria, posto che ormai è ridotto a meno di uno scendiletto se è vero, come lui stesso afferma, di essere stato informato da un articolo di giornale della visita odierna del commissario Scura ai Riuniti.
I calabresi non hanno eletto a presidente della Regione né Scura e né Quattrone, così come non sono né Scura e né Quattrone ad avere competenza e poteri sulla struttura della rete ospedaliera e men che meno sull’applicazione delle direttive ministeriali per quel che riguarda i presìdi calabresi di Cardiochirurgia. Eppure ormai la Regione Calabria è delegata al ruolo infimo di “ufficiale pagatore” rispetto alle spese, alle nomine, alle consulenze ed alle riorganizzazioni che il commissario Scura decide. Così come si ritrova a prendere atto, la Regione Calabria, delle unilaterali scelte del rettore Quattrone che stabilisce se il “suo” policlinico deve o non deve avere un posto di pronto soccorso, se presso la sua cardiochirurgia ci devono essere specialisti in cardiochirurgia oppure no, se la sala di rianimazione e di terapia intensiva deve essere “dedicata” alla cardiochirurgia oppure condivisa con gli altri reparti.
Mario Oliverio batta un colpo fin che è ancora in tempo a farlo. Fin qui ha solo regalato proclami ma nei fatti altri continuano a disporre a loro piacimento delle risorse, strutturali, economiche e umane della Regione Calabria. Tutti, da Scura a Quattrone, da Agenas a Kpmg, fanno e disfano a loro piacimento, Oliverio paga il conto ma non lo paga di tasca sua, lo pagano i calabresi. Tutti i calabresi, soprattutto quelli che hanno avuto, e vorrebbero ancora avere, fiducia nelle cose che ha detto in campagna elettorale.
Rispetto a questo ultimo grave strappo non c’è più tempo per rinvii e traccheggiamenti. Non c’è un Fatarella da attendere e neanche una Lorenzin da consultare. C’è un presidente che si chiama Mario Oliverio e che ora deve decidere se mettersi alla testa del suo popolo pluricommissariato oppure scaldare la sedia e portare a casa, ammesso che ci riuscirà, la poltrona di sindaco di Cosenza per il suo caro amico Nicola Adamo.
Non che le responsabilità del Pd, a cominciare dal suo segretario regionale Ernesto Magorno, siano minori; ma se a Magorno può anche essere riconosciuta la “ragion di partito”, a Mario Oliverio, che la sua candidatura impose anche contro le indicazioni del suo Pd, un simile appiattimento non può essere perdonato. E non sarà perdonato.
direttore@corrierecal.it
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