Giovanni Campennì, secondo i pm che hanno firmato l’inchiesta “Mafia Capitale”, sarebbe l’anello di collegamento tra il clan di Massimo Carminati “er Cecato” e il clan Mancuso di Limbadi, una delle superpotenze ‘ndranghetistiche trapiantate a Roma. L’uomo è indagato a piede libero e il suo nome ricorre spesso nei brogliacci. Specie in alcune telefonate chiave. Una in particolare: quella (captata dagli inquirenti nell’aprile 2013, ai tempi in cui Roma era ancora governata dal sindaco Gianni Alemanno) in cui il perno del sistema delle coop infette, Salvatore Buzzi, gli racconta come vanno le cose nella Capitale. Ed è piuttosto prodigo di particolari. D’altra parte, se le ipotesi degli inquirenti sono fondate, si rivolge a un partner di assoluto rilievo, visto il suo legame di parentela con il clan calabrese.
«Tu li voti, vedi, i nostri sono molto meno ladri di… quelli del Pdl», esordisce Buzzi appiccicando alla politica una patente di moralità che, riletta alla luce dello scandalo, strapperebbe un sorriso. Se non ci trovassimo davanti a un discorso che racconta un’impalcatura drammaticamente costruita sulla corruzione: «Pago tutti, pago. Anche due cene con il sindaco, settantacinquemilaeuro ti sembrano pochi? Oh, so centocinquanta milioni, eh. I miei ti posso assicurà che non li pago». Il “bignamino” tangentista è snocciolato a uso e consumo dell’uomo dei Mancuso. E illustra, secondo gli inquirenti, «il sistema di tangenti sotteso all’aggiudicazione delle gare gestite dall’amministrazione capitolina». Dalle mazzette alle cene elettorali. C’è di tutto nelle note spesa della coop 29 giugno. E non solo in quelle: «Finanzio giornali, faccio pubblicità, finanzio eventi, pago segretaria, pago cena, pago manifesti, lunedì c’ho una cena da ventimila euro pensa… questo è il momento che paghi di più perché stanno le elezioni comunali, poi per cinque anni… poi paghi soltanto… mentre i miei poi non li paghi più poi quell’altri li paghi sempre a percentuale su quello che te fanno. Questo è il momento che pago di più… le comunali, noi spendiamo un sacco di soldi sul Comune».
È come scommettere: «C’ho quattro cavalli che corrono col Pd, poi con la Pdl ce ne ho tre e con Marchini c’è… c’ho rapporti con Luca (Odevaine, ndr) quindi va bene lo stesso. Lo sai a Luca quanto gli do? Cinquemila euro al mese… ogni mese… e io ne piglio quattromila». Campennì interviene poco: completa qualche frase; domanda, un po’ stupito, se le cifre siano davvero quelle che l’amico gli presenta. «Un altro che mi tiene i rapporti con Zingaretti (Nicola, presidente della Regione Lazio, ndr) duemila e cinque al mese. Un altro che mi tiene i rapporti con il Comune millecinque, un altro a sette e cinquanta, un assessore diecimila euro al mese… ogni mese, eh!».
Alla luce dei rapporti tra Buzzi e Campennì, a quest’ultimo l’imprenditore spiega anche quale tattica seguirà il gruppo in vista delle comunali: «Al primo turno, voteremmo Marino…col candidato nostro, perché coi cavalli per far reintra’, perché se non me entrano i cavalli… puoi pure imbrocca’ il sindaco, ma senza cavalli dentro, vai poco lontano… e al ballottaggio voteremmo Alemanno, perché a noi ce conviene Alemanno… per il rapporto che c’è…». Il voto disgiunto secondo Mafia Capitale.
Pablo Petrasso
redazione@corrierecal.it
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