CATANZARO Diciassette sono i provvedimenti cautelari emessi dal gip distrettuale di Catanzaro nell’ambito dell’operazione Dirty Soccer. Lo scorso 19 maggio erano stati eseguiti 50 fermi di altrettante persone accusate di frode sportiva perché, organizzate in due distinti gruppi criminali, sono ritenute dagli inquirenti attive nella combine di numerosi incontri di calcio di Lega Pro e serie D, con il fine di poter gestire le scommesse sulle competizioni quotate. Secondo quanto riportato in un comunicato della Questura di Catanzaro, «il gip nel provvedimento ha ritenuto di confermare il quadro investigativo prospettato in sede di emissione di fermi». Nell’inchiesta vi sono ulteriori indagati tra dirigenti e calciatori del campionato di Eccellenza Calabria.
«QUADRO INDIZIARIO GRAVE»
«Un quadro indiziario oltremodo grave». Così il gip di Catanzaro, Domenico Commodaro, sintetizza quanto emerso nell’ambito dell’inchiesta “Dirty soccer” condotta dalla Squadra mobile e coordinata dalla Dda di Catanzaro. In particolare, a parere del gip, «la pervicacia e determinazione con la quale ogni singolo indagato ha perseguito la realizzazione dei reati contestati, nonché l’uso di arrogante violenza rivelano la estrema propensione a delinquere degli indagati e l’assoluta indifferenza rispetto alle regole della civile convivenza». Per il giudice non ci sono dubbi sulla esistenza di «due sodalizi criminali capaci di concordare frodi sportive allo scopo di conseguire ingenti profitti». Il primo gruppo, si ricostruisce nell’ordinanza, è quello guidato da Mario Moxedano, Antonio Ciccarone e Pietro Iannazzo rispettivamente presidente, direttore sportivo e consulente di mercato del Neapolis club militante nel girone I del campionato nazionale dilettanti. I tre, scrive il gip, «valendosi della collaborazione di dirigenti sportivi, calciatori delle altre squadre, affaristi senza scrupoli, organizzano frodi sportive il cui scopo primario è quello di procurare la vittoria del campionato del Neapoli». Ma non solo. Il gruppo avrebbe esteso le sue mire anche su altri gironi al fine di «effettuare scommesse sulle gare falsate, così da lucrare su facili vincite ovvero cedere l’informazione alla propria cerchia di accoliti». In questo modo Moxedano e Ciccarone sarebbero venuti a conoscenza «di altre società (ad esempio il Brindisi) che perseguono il medesimo scopo di vincere il campionato, in un girone diverso dal Neapolis, ma con i medesimi mezzi e, cioè, attraverso “combine” di partite». Il secondo sodalizio criminale ha come campo di pertinenza la Lega Pro e «ruota attorno alla figura di Fabio Di Lauro, ex calciatore e faccendiere». Secondo quanto si legge nell’ordinanza, Di Lauro «trae cospicui guadagni sulle partite oggetto di frode sportiva che lui stesso finanzia attraverso gli stretti rapporti intrattenuti con soggetti dell’Est europeo e con “gli addetti ai lavori” del calcio nostrano».
Tra questi ultimi il gip ricorda Ercole Di Nicola, ds dell’Aquila, Mauro Ulizio ex ds del Monza, Massimiliano Carluccio socio di fatto della Pro Patria e Daniele Ciardi magazziniere dell’Aquila. In particolare Ulizio e Carluccio «combinano di propria mano le gare di campionato del Pro Patria, valendosi di calciatori venduti e al loro servizio, cedendo i risultati falsati a scommettitori dietro richieste di finanziamento per l’organizzazione della frode sportiva».
ESCLUSO IL METODO MAFIOSO
«La mera presenza di Pietro Iannazzo non basta a qualificare di “mafiosità” l’attività e i metodi del sodalizio in esame o a ritenere che lo stesso abbia agito al fine di agevolare l’attività di un’associazione per delinquere di tipo ‘ndranghetistico». Con queste parole il gip di Catanzaro, Domenico Commodaro, ha motivato la decisione di escludere l’aggravante dell’articolo 7 a carico degli indagati nell’inchiesta “Dirty soccer”. Per il gip catanzarese, infatti, «non si rinvengono elementi indicativi del metodo mafioso e del perseguimento della finalità di agevolazione della cosca Iannazzo: così, ad esempio, non risulta che l’indagato sia mai stato affiancato da altri componenti della cosca di appartenenza o che abbia mantenuto contatti con gli originari sodali in merito alle attività del sodalizio in argomento». In pratica Pietro Iannazzo avrebbe agito per conto proprio «quale consulente di mercato della società calcistica Neapolis e dunque ricoprendo un preciso ruolo nel mondo calcistico». In conclusione, però, lo stesso gip nel motivare la misura cautelare in carcere per Iannazzo sottolinea «l’appartenenza alla cosca di riferimento».
ale. tru.
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