COSENZA «Non è un attacco stampa e alla magistratura, ma è una necessità di difendermi da accuse e pettegolezzi». Stefania Frasca, direttore generale dell’Asi, il consorzio industriale di Cosenza, ha incontrato questa mattina i giornalisti per alcuni chiarimenti in merito all’inchiesta della Procura di Cosenza su una presunta allegra gestione dell’ente, nella quale inchiesta è indagata assieme all’ex presidente del Consorzio Diego Tommasi e al responsabile dell’area contabile.
L’architetto Frasca era affiancata dai suoi due legali, gli avvocati Franz Caruso e Gemma Altimari. Il direttore generale ha anche ripercorso la sua carriera evidenziando ciò che ha sempre fatto per la città di Cosenza e per la Calabria anche quando ha rivestito il ruolo di dirigente regionale. «Mi sono dedicata allo sviluppo di questi enti – ha detto – che governano i territori. Ad esempio, i porti di Corigliano e Gioia Tauro sono stati realizzati proprio dai consorzi industriali. Ma quello che oggi conta è che questo direttore è stato trattato dalla stampa come un delinquente. Ma dal 2008 a oggi la mia attività si vede: ho censito tutto il patrimonio dei consorzi industriali e sono riuscita a recuperare terreni di svariati milioni di euro sottraendoli a persone che non ne avevano titolo. Sono attività parecchio pericolose».
Secondo l’accusa, rappresentata dal pm Domenico Assumma, sarebbero state fatte diverse spese “allegre”. Tra queste anche l’acquisto di cravatte date in dono. E sul punto Frasca ha voluto chiarire: «Si tratta di una spesa complessiva di 1.400 euro minuziosamente rendicontata che ha passato il vaglio degli organi di indirizzo e controllo. Le cravatte sono state donate dall’ente alle più alte cariche dello Stato, della Regione e ad alcuni professionisti che avevano svolto attività di consulenza a titolo gratuito. A questi si aggiungano i doni natalizi, qualche centinaia di euro, per i dipendenti non dirigenti e per gli organi dell’ente, compresi i revisori dei Conti. Dal 2010 la carta di credito, usata per le spese economali, non è stata più utilizzata perché piuttosto che apprezzarne l’introduzione a garanzia della trasparenza, rappresentava per alcuni occasione di travisamento. Se qualcuno pensa che la carta di credito venisse utilizzata per fare shopping si sbaglia di grosso. Allora, se fossero vere le accuse rivoltemi, sarei davvero pazza a mettere a repentaglio la mia vita dal momento che sono stata fatta oggetto più volte di minacce, come il cuore di animale arrivato in sede».
Frasca vuole andare fino in fondo alla vicenda soprattutto dopo che il gip del Tribunale di Cosenza le ha restituito «serenità» rigettando la richiesta del pm di interdizione dai pubblici uffici. «Ora – ha detto – spero in un giudizio giusto. Ho subito il fuoco amico dall’interno di questo ente e dal fuoco nemico dall’esterno. Assieme ai miei pochi dipendenti ho ridotto debiti pregressi». E sul premio che le è stato liquidato dall’ente ha precisato: «Penso di aver fatto un ottimo lavoro e se il consiglio direttivo ha ritenuto di darmi un premio dopo tutto il lavoro che è stato fatto non mi sembra una cosa strana perché poteva farlo. Ho pieno rispetto del lavoro della magistratura, ma è anche vero che un pm può sbagliare. I giornalisti quando hanno una notizia devono pubblicarla, ma ciò che contesto è la titolazione offensiva e tirare in ballo mio padre (Salvatore Frasca, ex sottosegretario alla Giustizia, ndr) che non c’entra nulla. Sono qui a tentare di spiegarmi perché ho due figli che vedono la mamma sbattuta sui giornali a mo’ di mostro di Scandicci».
Altre precisazioni sugli incarichi legali e sulla presunta (e contestata) inerzia della Regione: «Ho selezionato con un concorso pubblico un gruppo di legali a cui fare riferimento e trattenendoli al minimo della tariffa. Basterebbe dare uno sguardo non solo alle parcelle legali pervenute all’ente risalenti a vecchi incarichi – tipo parcelle di 500mila euro per una sola vertenza – ma anche ai casi in cui l’ente non si costituiva lasciando alla controparte l’agio di una facile vittoria. Inerzia della Regione? Dal 2010 al 2014 la Regione ha proceduto a tantissimi controlli e verifiche che hanno acclarato la totale trasparenza dell’Asi. Io sono prigioniera del mio lavoro perché ho poche risorse e tante cose da fare». E rispondendo a una domanda su possibili dimissioni ha spiegato: «Al momento non ritengo di dovermi dimettermi per non accontentare chi lo vorrebbe. Vorrei che ognuno si assuma le proprie responsabilità: pm, gip, Regione e tutti gli altri. Io continuo a lavorar e ho il dovere di mandare avanti l’ente. Senza di me qui ci sarebbero maggiori difficoltà. E sulla questione dei revisori voglio precisare che abbiamo sempre liquidato i compensi riconosciuti per una cifra complessiva pari a un milione e mezzo di euro. Solo successivamente, in applicazione a due leggi regionali, il pagamento è stato sospeso ed è stata chiesta la restituzione delle somme anticipate. Spettava direttamente alla Regione liquidare le indennità».
L’avvocato Altimari ha precisato che «le cravatte come altri particolari emersi non fanno parte dei capi di imputazione. E che si sta facendo un processo morale». Il collega Caruso ha sottolineato come l’intento della conferenza stampa non è stato quello difendersi perché – ha detto – lo faremo nelle aule di Tribunale. Infatti, per questo motivo faremo richiesta di giudizio immediato: «Abbiamo già presentato una corposa memoria difensiva. Da tecnico evidenzio alcune cose: la Procura chiede le indagini il 25 maggio e il 27 maggio la stampa pubblica l’appello del pm al rigetto della misura interdittiva e in quelle motivazioni, appello che noi non abbiamo, si legge di pericolo di inquinamento delle prove. Ma se le indagini erano già state chiuse?».
Mirella Molinaro
m.molinaro@corrierecal.it
x
x