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Gli "sfaccendati" di Calabria Verde

LAMEZIA TERME Braccia, pala, vanga e piccone ad Acri. Non proprio gli ultimi ritrovati della tecnologia per Calabria verde e la montagna calabrese. Che soffre di una cronica disorganizzazione. Anzi…

Pubblicato il: 11/06/2015 – 12:02
Gli "sfaccendati" di Calabria Verde

LAMEZIA TERME Braccia, pala, vanga e piccone ad Acri. Non proprio gli ultimi ritrovati della tecnologia per Calabria verde e la montagna calabrese. Che soffre di una cronica disorganizzazione. Anzi, di un’inerzia così generalizzata che conviene riassumerla con le parole di un dipendente intervistato da Manuela Iatì per Sky: «È dall’87 che faccio la guardia giurata nei boschi, e mo’? Non posso andare a casa e dire che non ho lavorato, ‘a verità!». Non ci sono più i forestali, che per anni hanno riempito le cronache sugli sprechi della politica, ma la maxi-azienda erede di Afor, Arssa e Comunità montane non brilla per efficienza. Nata nel 2013, ha accorpato nel gruppone della forestazione anche sorveglianti idraulici e precari storici. Tutti riallocati e divisi in undici distretti. Che, stando alle impietose immagini proiettate da “Pubblico spreco”, l’inchiesta dell’emittente satellitare, sono ancora bloccati. Dopo essere partiti con un anno di ritardo. Nella sede dell’ex comunità montana dell’area grecanica reggina gli impiegati, più o meno, si girano i pollici. Melito Porto Salvo non è sede di un distretto, ma un gruppo di dipendenti vi staziona senza essere troppo impegnato: «Andare a Reggio Calabria – dicono –. E per fare cosa?». L’inattività è la cifra esistenziale a queste latitudini: «Bisogna capire che è un’azienda nuova, si sta avviando la nuova programmazione», esordisce un dipendente. Ma poi capitola: «Non abbiamo nulla da fare». Le telecamere si spostano a Bovalino. Qui si chiacchiera parecchio in ufficio. C’è chi ha il computer rotto e chi ha portato il pc da casa «per ammazzare il tempo. Perché la Regione pensa che i distretti siano depositi di ferraglia umana».
Verrebbe da sorridere, se non spuntassero numeri da capogiro. Per gli stipendi dei 6.165 dipendenti si spendono 190 milioni di euro all’anno. Negli ultimi dodici mesi, si direbbe che siano stati versati per nulla. L’eredità dell’Afor, altra cifra da brividi: un buco da 150 milioni e una liquidazione che va avanti da otto anni. E i dirigenti? Sono 14 e costano più di un milione all’anno ai contribuenti. Numeri e immagini impressionano tutti. Non Paolo Frugiuele, direttore generale di Calabria Verde. Per il manager la questione dell’inerzia si spiega anch’essa con le cifre: «Abbiamo trasferito 5mila persona e ci sono da organizzare 600 cantieri di lavoro. Non si capisce come facciano a dire di essere parcheggiati. Ho girato tutti i distretti, ho trovato situazioni da migliorare ma non un disastro». E i dipendenti che non lavorano: «Non mi risulta. Evidentemente sono loro a non voler lavorare. Li faremo venire subito a Catanzaro, qui c’è molto bisogno». Qualche idea utile per giustificare quei 190 milioni di stipendi non guasterebbe.

 

Pablo Petrasso

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