LAMEZIA TERME Reddito minimo di inserimento, reddito di cittadinanza o salario d’ingresso? I calabresi, per ora, non possono scegliere nessuna delle opzioni. Ma il dibattito politico, dopo anni in cui queste misure erano considerate puro assistenzialismo, affronta finalmente il tema. Complice la crisi, gli schieramenti si interrogano e si muove anche la burocrazia regionale. Mentre dal mondo accademico arrivano consigli e indicazioni su quali siano le strade percorribili sulla rotta degli aiuti alle famiglie indigenti.
IL PROGETTO SUL REDDITO MINIMO
La Calabria avvierà, entro fine anno, la sperimentazione di un modello di reddito minimo di inserimento per 20mila calabresi. L’annuncio è arrivato a Reggio Calabria, durante l’incontro organizzato dall’Agenzia per la Coesione territoriale nel villaggio itinerante allestito sul lungomare cittadino. Antonio De Marco, direttore generale del dipartimento lavoro e sviluppo economico della Regione, ha svelato alcuni particolari del progetto: si tratterà di un reddito di circa 700 euro mensili per ciascuno dei 20mila partecipanti al progetto. Il piano si snoderà, nelle intenzioni del dipartimento, per sei mesi, e sarà finanziato con circa 150 milioni di euro prelevati dall’Fse (Fondo sociale europeo: «E’ un sostegno al reddito – ha chiarito De Marco – di un gruppo di persone, stiamo ipotizzando una sperimentazione che coinvolga 20mila persone in Calabria, che saranno oggetto di un percorso di accompagnamento per l’inserimento lavorativo. Quindi gli strumenti messi in campo saranno quelli della formazione professionale, orientamento, un sistema di creazione di impresa, tirocini formativi, servizio civile volontario, stage aziendale e voucher di inserimento lavorativo». Nessun altro particolare: infatti, ha spiegato il dirigente, «non è ancora stato individuato l’esatto ventaglio di persone che potranno accedere alla sperimentazione, la decisione finale in tal senso sarà successiva a un percorso di condivisione sindacale».
LA PROPOSTA DI NUCERA L’annuncio arriva proprio nel giorno in cui il consigliere regionale Gianni Nucera (La Sinistra) ha rilanciato la sua proposta di reddito minimo, bocciata dalla burocrazia della giunta regionale per mancanza di fondi. Nucera ha spiegato che, secondo lui, i fondi ci sono e la Calabria dovrebbe seguire la strada della Regione Lombardia, che ha appena stanziato 500 milioni di euro a favore delle famiglie disagiate.
IL PROF: «MEGLIO IL SALARIO D’INGRESSO» Chi non si lascia contagiare dall’ottimismo del consigliere regionale è Domenico Marino, professore di Politica economica alla Mediterranea di Reggio Calabria. Il prof “boccia” la proposta basando la sua analisi su cifre e dati: «La platea degli aventi diritto – spiega – se fosse approvata la legge proposta dal consigliere Nucera (dato basato sulle dichiarazioni dei redditi per l’anno 2013), sarebbe in Calabria di circa 550.000 persone con un fabbisogno finanziario che si aggira sui 4 miliardi di euro per anno. Senza contare gli effetti perversi di uno schema di incentivo che di fatto porterebbe all’occultamento dei redditi per accedere al beneficio e con conseguente aumento del sommerso». E tocca anche i temi della proposta annunciata da De Marco a Reggio Calabria: «La stima di 20mila contributi reddituali erogati in un anno pari a 150milioni di euro copre solo il 5% della platea prevista dalla proposta di legge di Nucera». Coprire tutto il fabbisogno sarebbe inimmaginabile: «L’intera programmazione dell’Fse è quasi un miliardo di euro (e non per un singolo anno) quindi impegnandole interamente in un anno copriremmo appena il 20% del fabbisogno». Chiede meno approssimazione, Marino: «Quando si parla di incentivi reddituali bisogna distinguere il reddito di cittadinanza dal reddito di inserimento sociale e dal salario d’ingresso e spiegare se si vuole intervenire sulla povertà assoluta o sulla povertà relativa». In Italia il livello di povertà assoluta è del 7,4% delle famiglie, mentre quella di povertà relativa è del 12,7%. In Calabria la povertà relativa è del 27,4% delle famiglie e nel Mezzogiorno (l’Istat non pubblica i dati di povertà assoluta su base regionale) la povertà assoluta è pari al 12,6% delle famiglie. Snocciolati i dati, il docente di Politica economica passa all’eventuale applicazione delle misure ipotizzate. Già detto del reddito minimo, Marino spiega che «un reddito di inclusione sociale diretto ai disoccupati e alle famiglie in condizione di povertà assoluta costerebbe fra gli 8 e i 10 miliardi di euro e potrebbe, a certe condizioni diventare sostenibile in Italia, soprattutto se diluito in più annualità o se legato ad una riforma complessiva degli ammortizzatori sociali. In Calabria un simile strumento costerebbe dai 400 ai 500 milioni di euro e sarebbe ugualmente insostenibile per le casse regionali». Resta, dunque una sola «proposta sensata in Calabria», che «è quella del salario di ingresso, ossia di un incentivo reddituale a coloro che sono in cerca di occupazione, che sarebbe compatibile con il Regolamento del Fondo sociale e avrebbe una platea limitata. Un investimento di 100 milioni di euro per anno su questo strumento è ipotizzabile e possibile durante un ciclo programmazione raggiungeremmo tutti i potenziali beneficiari». Una cosa diversa dal progetto di Nucera, vero obiettivo delle critiche. Che inducono il prof a due considerazioni: «La prima è che i politici prima di scrivere le leggi dovrebbero consultare i tecnici e la seconda e che ogni proposta di legge, a pena di inammissibilità, dovrebbe essere corredata da una relazione economico-finanziaria che ne dimostri la copertura».
Pablo Petrasso
p.petrasso@corrierecal.it
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