LAMEZIA TERME Un groviglio di interessi. Un «sistema di scatole cinesi» che, negli ultimi anni, ha portato a sperperare «enormi risorse» e ad alimentare «solo clientele ed illegalità». Parola di Mario Oliverio, che già due mesi fa annunciava: «Il cambiamento ci sarà e sarà profondo». Lo aveva assicurato, il governatore: la svolta sarebbe passata innanzitutto per enti strumentali, società in house e aziende collegate alla Regione. Niente più sprechi e prebende, insomma. Ma guardando a ciò che accade nelle Aterp sembra proprio che i piani del governatore, finora, non si siano certo concretizzati.
LE «FERIE NON GODUTE» DELL’EX COMMISSARIO
A Vibo, per esempio, il referente del distretto, Pino Raffele, ha deliberato il pagamento delle «ferie non godute» in favore dell’ex commissario straordinario Tonino Daffinà, dichiarato decaduto dalla giunta regionale nei mesi scorsi e finito al centro di una polemica per aver predisposto oltre 30 contratti di collaborazione poche ore prima della sua sostituzione e per aver acquistato la sede dell’ente per 2,3 milioni di euro (Iva esclusa). Per Daffinà, uomo di Forza Italia, Raffele, che di fatto è stato negli ultimi anni il suo braccio destro, lo scorso 8 giugno ha emanato un atto che dispone la liquidazione di 12.892,94 euro per 31 giorni di ferie non godute. Proprio così: poco meno di 13mila euro per un mese di congedo. E la curiosità – se così si può definire – è che l’atto è motivato dal fatto che il rapporto tra Daffinà e l’azienda «è cessato prematuramente e non è giunto, pertanto, alla sua naturale scadenza, a causa di accadimenti imprevisti ed imprevedibili, accadimenti che non hanno consentito al lavoratore di usufruire delle ferie maturate». L’ex commissario dunque, che di fatto era un dirigente generale e non un dipendente, viene considerato alla stregua di un normale «lavoratore» che timbra il cartellino e usufruisce delle ferie.
A COSENZA 240MILA EURO IN DUE MESI
Il pozzo principale a cui le Aterp hanno attinto risorse negli ultimi anni è il fondo ex Gescal, costituito dalle trattenute effettuate per decenni sulle buste paga dei lavoratori dipendenti. Si tratta di una tassa di scopo che doveva servire solo a finanziare la costruzione di nuove case o la ristrutturazione degli alloggi esistenti, ma in Calabria una cospicua parte di questi fondi è stata destinata a un programma di ricognizione e valorizzazione del patrimonio immobiliare delle aziende. Così gli enti provinciali, per realizzare questo programma, hanno pensato bene di siglare decine e decine di contratti di collaborazione che, spesso, si sono tramutati in uno strumento per soddisfare clientele e appetiti elettorali. Per dare un’idea delle spese affrontate con questi fondi, basti pensare che l’Aterp di Cosenza – come da rendicontazione pubblicata l’8 giugno scorso – solo tra novembre e dicembre 2014 ha dispensato poco meno di 240mila euro. Quei 60 giorni, per la precisione, sono costati 238.424,28 euro, per lo più destinati al pagamento dei co.co.co.
TUTTO COME PRIMA, O PEGGIO
Come scritto nero su bianco nel collegato alla finanziaria regionale, entro il 31 luglio dovrà essere concluso il processo di unificazione delle cinque Aterp in un’unica azienda regionale. Alla luce delle disposizioni della legge regionale 24/2013, infatti, le aziende provinciali sono state soppresse, mentre rimangono i cinque «distretti territoriali» collegati all’Aterp unica, che al momento è guidata dal dirigente generale dei Lavori pubblici Mimmo Pallaria. Quest’ultimo, in qualità di commissario unico, ha nominato cinque referenti “interni” a cui ha delegato funzioni circoscritte alla gestione ordinaria. Non è chiaro se delibere come quella emanata a Vibo siano inquadrabili in questo ambito ma, al di là dei singoli casi, non sembra proprio che nella gestione di questi enti – che dovrebbero servire solo a costruire e gestire case popolari – sia in atto quel processo di «profondo cambiamento» annunciato da Oliverio.
Sergio Pelaia
s.pelaia@corrierecal.it
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