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Delitto Colloca, svolta vicina nelle indagini

VIBO VALENTIA L’ipotesi iniziale, quella che portava al suicidio, è stata abbandonata da tempo. La pista privilegiata, infatti, è cambiata alla luce delle nuove risultanze investigative raccolte da…

Pubblicato il: 12/06/2015 – 11:37
Delitto Colloca, svolta vicina nelle indagini

VIBO VALENTIA L’ipotesi iniziale, quella che portava al suicidio, è stata abbandonata da tempo. La pista privilegiata, infatti, è cambiata alla luce delle nuove risultanze investigative raccolte dai carabinieri di Vibo Valentia che, ora, seguono una strada ben precisa. Ieri i militari dell’Arma e del Ris di Messina hanno effettuato nuovi rilievi con il luminol sia nell’abitazione di Nicola Colloca – infermiere vibonese trovato carbonizzato nella sua auto il 26 settembre 2010 nelle campagne tra Pizzo e Maierato – sia in una seconda auto che la moglie, indagata per omicidio premeditato, aveva venduto e che, ora, è stata recuperata e posta sotto sequestro.
A invertire la rotta iniziale delle indagini, coordinate dal sostituto procuratore Michele Sirgiovanni, è stata la perizia del medico legale Giovanni Arcudi, che a marzo scorso, dopo la riesumazione della salma, ha rivelato che l’infermiere era stato colpito con un corpo contundente alla testa. La morte dell’uomo, all’epoca 49enne, non sarebbe stata quindi causata dal fuoco o dal soffocamento ma, probabilmente, da un’emorragia provocata proprio dall’oggetto con cui l’uomo sarebbe stato colpito. Mentre l’incendio divampava, dunque, è possibile che Colloca fosse già morto o moribondo.
Ulteriori elementi di novità, poi, sono arrivati dallo studio di alcuni quaderni scritti da Colloca, dodici in tutto, in cui l’uomo si era preoccupato di annotare i trascorsi degli ultimi tre anni, che offrirebbero lo spaccato di una relazione alquanto tormentata con la moglie.

 

IL RACCONTO DELLA MOGLIE E I DUBBI DEL PADRE
La moglie e il figlio – all’epoca 21enne – di Colloca raccontarono agli inquirenti che l’infermiere, venerdì 24 settembre 2010, rientrò a casa dal lavoro intorno alle 14, mangiò qualcosa e andò a riposarsi. Quando si svegliò, i suoi congiunti lo misero a confronto con una donna – nella loro abitazione – che sostennero essere la sua amante, così gli chiesero di ammettere il presunto adulterio. L’uomo negò, si innescò una discussione e la presunta amante se ne andò. Anche la moglie di Colloca, stando al suo racconto, uscì di casa. Il figlio disse agli inquirenti che poi uscì anche il padre, prendendo una busta che forse conteneva il libretto di circolazione dell’auto, ma lasciando lì il suo telefono cellulare. Grazie al sistema satellitare installato dalla compagnia assicurativa, fu riscostruito il percorso fatto dall’Opel Corsa – partita da casa intorno alle 17 – prima di arrivare alla pineta tra Pizzo e Maierato, in località “Gutumara”: un tragitto strano, con l’auto che si fermò più volte per le strade di Vibo per poi dirigersi verso Sant’Onofrio, arrivare in una stradina del centro abitato contigua ad una zona isolata, quindi tornare indietro e andare verso contrada Gutumara. Il segnale satellitare cessò intorno alle 4 del mattino di sabato, ora in cui presumibilmente le fiamme avrebbero avvolto l’auto e il corpo al suo interno.
Nell’immediatezza moglie e figlio non denunciarono la scomparsa di Colloca, ma il ragazzo ne diede notizia al padre dell’infermiere – stando a quanto sostiene quest’ultimo – solo sabato pomeriggio. Interrogata, la moglie dell’uomo avrebbe ammesso che lei e la presunta amante del marito erano in contatto. Moglie e figlio dell’infermiere furono da subito convinti del suicidio. Il padre, invece, si è sempre detto molto scettico su questa versione: non fa che ripetere che suo figlio era «un fifone», che mai, secondo lui, sarebbe riuscito a porre fine alla sua vita in quel modo, e che era «un grafomane» e quindi «avrebbe lasciato sicuramente un messaggio». A ciò, infine, il padre di Colloca aggiunge che la nuora e il nipote, due giorni prima del funerale, gli avrebbero chiesto di cremare il corpo.

 s. pel.

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