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Malata di Parkinson, abbandonata dallo Stato

CETRARO E’ da settembre 2011 che la famiglia Patitucci aspetta che il Tribunale di Paola fissi un’udienza, che un giudice ascolti le ragioni della signora Maria Pia, malata di Parkinson che chiede …

Pubblicato il: 14/06/2015 – 8:17
Malata di Parkinson, abbandonata dallo Stato

CETRARO E’ da settembre 2011 che la famiglia Patitucci aspetta che il Tribunale di Paola fissi un’udienza, che un giudice ascolti le ragioni della signora Maria Pia, malata di Parkinson che chiede – ormai solo per bocca di suo figlio Massimo – giustizia; che le venga riconosciuto «ciò che semplicemente ci spetta». L’odissea di Maria Pia, 70 anni, ha inizio ad agosto del 2010, quando le venne diagnosticato il morbo di Parkinson. I sintomi si erano manifestati nel 2008 con una serie di strane cadute, con le gambe che sembravano non rispondere più ai comandi. All’ospedale di Cetraro, racconta suo figlio Massimo, legarono il problema al diabete di cui la signora è affetta. Ma Maria Pia peggiorava rapidamente e quando a Genova le diagnosticarono il Parkinson, ormai lei non camminava quasi più. Fu presto chiaro che con i suoi 700 euro al mese di pensione da vedova non avrebbe potuto affrontare le spese ingenti che deve sobbarcarsi chi è affetto da una malattia neurodegenerativa. D’altronde, non ci sarebbero dovuti essere problemi, la legge parla chiaro e c’è scritto sullo stesso sito dell’Inps: «L’indennità di accompagnamento spetta al solo titolo della minorazione, cioè è indipendente dall’età e dalle condizioni reddituali». E i requisiti corrispondevano a quelli che, purtroppo, possedeva anche Maria Pia: «Riconoscimento di totale inabilità (100%) per affezioni fisiche o psichiche; impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore, ovvero impossibilità di compiere gli atti quotidiani della vita e la conseguente necessità di un’assistenza continua; cittadinanza italiana». Massimo – che ha lasciato Genova, i suoi figli e il suo lavoro per assistere la madre – ricorda ogni data, di quello che lui definisce «il mio incubo», con estrema precisione. «Il primo settembre del 2010 abbiamo inoltrato la domanda all’Inps, tramite patronato, per l’accompagnamento», racconta. Il 17 maggio del 2011 la signora viene visitata all’ospedale di Cetraro. «Più che una visita – dice Massimo – è stata la lettura dei referti delle analisi fatte in Liguria». Dopo quasi due anni dalla richiesta di accompagnamento, ad agosto 2011, arriva una lettera dell’Inps con la quale l’ente previdenziale riconosce all’anziana il 100% di invalidità ma nega l’accompagnamento. A settembre parte il ricorso in cui la parte del leone l’hanno fatta il rinvio delle udienze, ogni volta per indisponibilità del giudice.

 

ARRIVA L’ACCOMPAGNAMENTO 
Massimo è disperato: nel 2013 ancora non ha ottenuto giustizia. Si rivolge alla stampa e il clamore mediatico fa sì che l’Inps di Catanzaro – su ordine del direttore regionale Ravezzi – intervenga in autotutela e, finalmente, a ottobre 2013, viene concessa una visita dalla commissione Inps di Cosenza all’ammalata. Il referto dei medici attesta che la donna presenta problemi motori dovuti al Parkinson a partire dal 2009. Viene concesso un accompagnamento di 502 euro al mese, ma gli arretrati dovrà stabilirli una sentenza del Tribunale. Un Tribunale dal quale la famiglia Patitucci attende un’udienza dal 2011. «Il consulente tecnico d’ufficio ha vistato mia madre a giugno 2013 e ha riconosciuto gli arretrati a partire dal 5 dicembre 2012, ossia dall’inizio del presidi sanitari, con i quali credo si riferisca all’arrivo della carrozzina. Ma è assurdo – dice Massimo – se si pensa che la stessa commissione Inps ha scritto che mia madre ha problemi a partire dal 2009». Orma la vicenda dei Patitucci è nota a tutti a Cetraro. Qualche giorno fa qualcuno ha lasciato un bigliettino sotto alla porta della loro casa, c’era scritto: «Te lo faccio avere per coscienza». La busta conteneva la fattura della carrozzina risalente a ottobre 2012.

 

«CHIEDIAMO GIUSTIZIA»
«Io chiedo solo giustizia – spiega Massimo – chiedo che ci riconoscano gli arretrati da quando è iniziata veramente l’odissea di mia madre. Ma non fanno altro che rinviare le udienze: da ottobre 2014 a maggio 2015 e poi a dicembre 2015. Questa storia ci ha distrutti, abbiamo dovuto vendere la nostra casa, io non posso lavorare e mia madre ormai è incosciente, è giunta all’ultimo stadio della sua malattia senza avere avuto l’assistenza e la giustizia che erano in suo diritto. Dal 2011 siamo riusciti solo a impugnare la decisione del ctu. Sono anni che chiedo solo quello che ci spetta per legge, per poter portare mia madre in Liguria con me, dove esistono strutture che possono prendersi cura di lei. Per poter tornare a vivere, a lavorare, a vedere i miei figli».

 

Alessia Truzzolillo

redazione@corrierecal.it

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