Peccato: undici maledettissimi voti hanno impedito a Luca Lotti e a Ernesto Magorno di portare a casa il “triplete”. Non ci fossero stati quegli undici voti in più per Lo Polito, anche Castrovillari avrebbe fatto gruppo con Lamezia Terme e Gioia Tauro nel sancire la sconfitta del Pd e l’allontanamento dal governo di tre tra le maggiori città calabresi.
Venerdì scorso Lotti aveva dedicato circa quattro ore della sua preziosissima giornata a sostenere i tre candidati a sindaco del Pd. Poi, blindato da un Magorno arcigno come non mai, era corso a spartire potere e mediare intese di bassissimo governo con Mario Oliverio.
Il disastro che ne consegue è sotto gli occhi di tutti: anche a Lamezia il primo partito è quello di chi rinuncia alla democrazia. Solo 44 cittadini su 100 hanno votato al ballottaggio. In più, nella città che vede uscente un sindaco di Sel, il nuovo consiglio comunale vedrà seduto anche un rappresentante di Casapound. Paolo Mascaro sarà sindaco per la gioia di chi ricorda la sua presidenza della Vigor Lamezia dal 2006 al 2013, per quella di Pino Galati che torna a contare anche a Lamezia Terme e per quella del più fiero trasversalismo che a Tommaso Sonni, candidato ufficiale del Pd, aveva giurato lotta senza quartiere.
A Gioia Tauro non poteva andare meglio, visto che il candidato proposto dal Pd sapeva di antico e che si era deciso di continuare a banalizzare su quel progetto portato avanti dalla “Fondazione Elenoire Roosevelt”, sposato invece dal giovane Giuseppe Pedà che ha avuto partita facile su Aldo Alessio. Si salva dalla disfatta Domenico Lo Polito ma il rischio corso è stato notevolissimo, alla fine porta a casa 4.941 a fronte dei 4.930 del candidato di centro/destra ma attenzione: restano in agguato 258 schede nulle e 74 schede bianche.
Al netto della sonora sconfitta del Pd calabrese e dello sfiorato “triplete” di Luca Lotti, c’è da prendere atto che le urne non premiano certo l’attuale governo della Regione Calabria e che anche la luna di miele con il governo Renzi (dove sono finiti i viaggi trimestrali del premier, la cabina di regia e il rilancio delle infrastrutture calabresi come leva di recupero del Pil nazionale?) è bella che finita.
Gongola il centrodestra, torna a respirare laddove la disfatta sembrava irrecuperabile. Rischia di commettere un grave errore, però, nella misura in cui dovesse ritenere che la bocciatura del “modello Oliverio-Magorno” possa automaticamente diventare la assoluzione o, peggio, la riabilitazione di quello “scopellitiano”. Semmai, quella che esce dalle urne, è esattamente la continuità di un giudizio negativo, posto che laddove si cercavano segni di rottura tra Oliverio e il suo predecessore, continuano a cogliersi, invece, inquietanti elementi di continuità.
direttore@corrierecal.it
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