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Chieste pene severe per i familiari di Maria Concetta Cacciola

REGGIO CALABRIA Sono pene severe quelle chieste dal pg Riva per i familiari e l’ex avvocato di Maria Concetta Cacciola, la testimone di giustizia, morta nell’agosto 2011 per un’ingestione di acido …

Pubblicato il: 16/06/2015 – 16:18
Chieste pene severe per i familiari di Maria Concetta Cacciola

REGGIO CALABRIA Sono pene severe quelle chieste dal pg Riva per i familiari e l’ex avvocato di Maria Concetta Cacciola, la testimone di giustizia, morta nell’agosto 2011 per un’ingestione di acido muriatico, a qualche settimana da quella che diversi Tribunali hanno riconosciuto come una forzosa ritrattazione di quanto dichiarato nel suo breve periodo di collaborazione con la giustizia.

Proprio per quella testimonianza cui la donna è stata costretta e che è finita in un filone secondario dell’immagine, il procuratore generale ha chiesto alla Corte d’appello presieduta da Iside Russo di condannare il padre della ragazza, Michele Cacciola a 4 anni e 2 mesi di carcere, per un totale di 8 anni e 8 mesi con la condanna in precedenza rimediata per i maltrattamenti inflitti alla giovane, mentre è di 3 anni e 4 mesi la pena chiesta per il fratello della testimone, Giuseppe Cacciola, che se condannato raggiungerebbe in continuazione con la pena già incassata 7 anni e 4 mesi di reclusione. Per la madre di Cetta, Anna Rosalba Lazzaro, il pg Riva ha chiesto 3 anni e 6 mesi, che diventano 5 anni e 6 mesi in continuazione con la condanna in precedenza rimediata. Per il pg è invece da condannare a tre anni l’avvocato Vittorio Pisani, da circa un anno collaboratore di giustizia.
Se ai familiari della testimone di giustizia, già condannati per diversi episodi di maltrattamento, i pm contestano il reato di violenza privata aggravata dalle modalità mafiose per aver obbligato la donna a recedere dal percorso di collaborazione intrapreso, non meno gravi sono le accuse a carico dell’ex legale, accusato, insieme al collega Gregorio Cacciola di recente condannato in ordinario a sei anni e quattro mesi, di aver curato la falsa confessione con cui Cetta, pochi giorni prima di morire, aveva smentito le dichiarazioni fatte ai magistrati contro il clan Bellocco. In primo grado, Pisani è stato riconosciuto colpevole di aver fornito «un contributo di natura morale nella qualità di consigliori di ogni mossa compiuta dai Cacciola» prima per rintracciare la donna, quindi per convincerla a smentire le pesantissime dichiarazioni fatte tanto a carico dei familiari, come del potentissimo clan Bellocco, attorno al quale tanto i parenti della donna, come lo stesso legale sono ritenuti a vario titolo vicini. Nonostante abbia scelto un percorso di collaborazione che lo ha portato a riconoscere anche in aula le proprie responsabilità, per il pg non avrebbe diritto alle attenuanti proprie dei collaboratori di giustizia perché «non avrebbe aggiunto elementi di novità all’attività degli inquirenti così come prevede la legge».

 

Alessia Candito

a.candito@corrierecal.it

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