LAMEZIA TERME Legambiente ha le idee chiarissime. Ci sono, in Italia, almeno dieci edifici che andrebbero abbattuti. E la Calabria, in questa black list, contenuta nel rapporto “Effetto bomba”, compare tre volte. C’è “grazie” alla Casa dello studente di Reggio Calabria, edificata all’interno di una fiumara; al Centro multisala di Zumpano, in provincia di Cosenza, «edificato su una scarpata vicino al fiume Crati»; alle costruzioni edificate in un’area a rischio sul torrente Coriglianeto, nel Comune di Corigliano. Tre casi (il secondo è al centro di un procedimento giudiziario al tribunale di Cosenza) molto diversi tra loro ma con un denominatore comune: il rischio idrogeologico e la diversità di visione sulle questioni (ovviamente i proprietari delle strutture la pensano in maniera molto diversa da Legambiente). Per gli ambientalisti è urgente intervenire per scongiurare effetti disastrosi: nei dieci luoghi ad alto rischio si sono succedute pesanti alluvioni e frane. Sono ben 6.633 i Comuni italiani in cui sono presenti aree a rischio idrogeologico e oltre 6 milioni di cittadini si trovano ogni giorno in zone esposte al pericolo di frane o alluvioni, a causa della forte urbanizzazione che ha interessato anche le aree a maggior rischio.
Dal 2000 al 2015 si sono verificati circa 2mila eventi atmosferici estremi con frane e allagamenti che hanno causato la morte di più di 300 persone e richiesto uno stanziamento economico di oltre un miliardo di euro solo negli ultimi cinque anni. «Per questo occorre cambiare le forme di intervento nel territorio e ripensare la pianificazione urbanistica attraverso la chiave dell’adattamento al clima – ha dichiarato il vice presidente di Legambiente Edoardo Zanchini -. Ce lo chiede da tempo la commissione europea e ce lo consentirebbero anche i fondi strutturali 2014-2020. Si tratta però di un grande cambiamento culturale. I cambiamenti climatici ci obbligano a guardare in modo diverso al territorio, perché proprio la gestione sciagurata del territorio può contribuire ad aggravare i rischi per le persone e le cose. Di fronte a questo scenario servono scelte nuove e radicali: in caso di edifici che mettono a rischio le persone che vi abitano o vi lavorano e anche chi sta intorno, l’unica scelta possibile è quella della demolizione e delocalizzazione delle attività». Per questo Legambiente segnala dieci casi simbolo con edifici collocati in aree R3 e R4 di rischio idrogeologico, dove esondazioni, alluvioni e situazioni di pericolo si ripetono con cadenza regolare e dove la prossima emergenza può essere solo questione di tempo.
p. p. p.
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