CATANZARO «Signor giudice questi hanno ammazzato gente. Questi venivano nella mia carrozzeria a ripararsi la macchina gratis. Io mi allontavano dai loro discorsi, io sono stato una vittima e adesso fa male sentire queste persone e stare zitto. Dicono che c’è stato un Gualtieri nella mia carrozzeria? Ma se sono accusato di fare parte dei Giampà che ci veniva a fare un Gualtieri nella mia carrozzeria? L’unico errore che ho fatto è che non li ho denunciati. Ma chi ci poteva con questa gente?» Franco Trovato, imputato nel processo Perseo, ha chiesto di intervenire e rendere dichiarazioni spontanee. Una reazione nata nel corso dell’udienza di oggi, durante il controesame del teste Giuseppe Cappello, 29 anni, collaboratore di giustizia, figlio di Rosario e fratello di Saverio, anche loro collaboratori. Le domande – poste in principio dal pm Elio Romano – vertevano sui rapporti tra i Trovato e la cosca Giampà, i cui componenti, secondo Cappello, avevano frequenti incontri nella carrozzeria di Trovato. Durante il controesame l’avvocato Giuseppe Di Renzo ha incalzato il teste sul perché fosse informato che si trattava di incontri di ‘ndrangheta se non vi aveva mai partecipato. Di questi incontri, ha risposto il teste, gli ha riferito suo fratello Saverio. È a questo punto che Trovato ha chiesto di poter intervenire per rendere le sue spontanee dichiarazioni.
LE TRUFFE ASSICURATIVE
Nel corso dell’udienza si è parlato anche della truffa alle assicurazioni.
Cappello ha riferito di avere avuto, in passato, buoni rapporti con Franco Trovato, insieme al quale operavano l’illecito delle truffe assicurative, ossia i sinistri simulati. La truffa consisteva nel portare una macchina nuova in carrozzeria alla quale venivano smontati i pezzi nuovi e sostituiti con pezzi sinistrati. A questo punto toccava al perito fare un computo del danno prima di chiedere il risarcimento all’assicurazione. Cappello fa anche il nome del perito, Renato Rotundo, e, rispondendo alle domande del pm, lascia intendere che questi fosse a conoscenza degli illeciti «perché era evidente che si trattava di sinistri non veritieri». Su queste dichiarazioni alle obiezioni della difesa il presidente del collegio Carlo Fontanazza ha replicato che le domande erano lecite perché utili a esplorare il reato associativo. Cappello, rispondendo alle domande del pm e dell’avvocato Leopoldo Marchese, ha inoltre dichiarato di avere fatto le truffe in proprio, senza bisogno di chiedere il permesso alla cosca nonostante «tutti i componenti della famiglia Giampà si rivolgevano a Franco Trovato per i sinistri simulati».
LA COSCA, I DISSIDI E LE ESTORSIONI ALLE GIOSTRE
Giuseppe Cappello ha, inoltre, dichiarato di avere avuto buoni rapporti con la cosca Giampà di cui riconosce i capi in Vincenzo Bonaddio, Giuseppe Giampà e Aldo Notarianni. Alla domanda del pm, se fosse a conoscenza di dissidi interni alla cosca, in particolare tra Bonaddio e Giampà, il collaboratore racconta che i dissapori tra i due erano nati per questioni legate alle estorsioni, perché Bonaddio si era «preso tutti i soldi» e non dava il denaro per i componenti del clan che erano detenuti.
Anche Antonio Voci, afferma Cappello, faceva parte della cosca. Vi era entrato con il compito di spacciare droga ed era poi passato a fare estorsioni ai danni dei giostrai per contro di Giuseppe Giampà. Un particolare che Cappello ricorda è il fatto che Voci, spesso, gli portava i biglietti delle giostre.
Dissidi sono poi sorti – stando alle parole del collaboratore, incalzato dagli avvocati Marchese e Pagliuso – con i Trovato in seguito a una lite in discoteca. Una lite che finì a botte e che non si sarebbe mai sanata, nonostante le intercessioni dei familiari per dirimere la questione, anzi, sarebbe finita con un intero caricatore scaricato addosso a una macchina che guidava Saverio Cappello e che apparteneva ad amico di questi. Sulla ricostruzione dei fatti e sui rapporti tra i due gruppi il pentito viene più volte ripreso dalla difesa, mentre l’imputato Franco Trovato, recluso, è sempre più agitato. Alla fine chiederà di dire la sua. Il processo proseguirà il 26 giugno con l’esame del collaboratore Battista Cosentino.
Alessia Truzzolillo
redazione@corrierecal.it
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