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Ma il Sud muore senza progetti

Romano Prodi, è noto, non spreca aggettivi eppure nella sua nuova e aggiornata prefazione alla nuova edizione, definisce “Sud, cent’anni di solitudine”, il volume di Pino Soriero edito da Donzelli,…

Pubblicato il: 20/06/2015 – 13:42
Ma il Sud muore senza progetti

Romano Prodi, è noto, non spreca aggettivi eppure nella sua nuova e aggiornata prefazione alla nuova edizione, definisce “Sud, cent’anni di solitudine”, il volume di Pino Soriero edito da Donzelli, «un autentico shock culturale, per far uscire davvero il nostro Mezzogiorno dalla solitudine». Ancora Prodi auspica che un nuovo e più attento dibattito sul Mezzogiorno venga provocato dalle cose contenute nel libro di Soriero che, parole di Prodi, resta «una riflessione lucida ed equilibrata, utile ad indirizzare le nuove proposte di sviluppo e di coesione tra Nord e Sud».
In effetti l’analisi di Soriero, muove da una serrata ricostruzione dei vent’anni successivi alla conclusione dell’intervento pubblico straordinario, ripropone all’attenzione della politica una questione cruciale rimasta sinora senza una risposta convincente: il tratto prevalente dell’intervento pubblico non ha mutato ancora segno, travolto com’è, sia nel Sud che nel Nord, dall’affarismo delle cricche insediate dentro e fuori i ministeri. L’ultima vicenda inquietante di «Mafia Capitale», i recenti scandali degli appalti dell’Expo a Milano, del Mose a Venezia, del dopo alluvione in Liguria, dimostrano che criminalità organizzata e corruzione non sono più appannaggio solo del Meridione, bensì l’epicentro di una degenerazione dello Stato che va contrastata radicalmente per riuscire a connettere le due parti del Paese ancora così lontane e diverse tra loro.
L’aggiornamento che Soriero porta al suo volume, dimostra, poi, in maniera inconfutabile che da quando la prima edizione di questo libro è stata pubblicata di certo la solitudine del nostro Mezzogiorno non è diminuita, né in senso metaforico, né in senso reale. Anzi, la stazione senza il treno che campeggia sulla copertina di questo volume avrebbe potuto essere sostituita – per questa seconda edizione – da altre immagini ancora più crude e meno evocative: quella, per esempio, del viadotto “Italia”, sulla Salerno-Reggio Calabria, “interrotto” già da oltre 100 giorni all’altezza del confine tra Calabria e Basilicata; o quella del pilone crollato sotto il viadotto “Himera,” nel bel mezzo dell’autostrada Palermo-Catania.
Dopo un anno, in macchina (o in autobus, o in camion) la Calabria è più lontana da tutto il resto e la Sicilia è più distante perfino da se stessa, come più volte ha ricordato e documentato il Corriere della Calabria in questi mesi.
Paradossale ormai è il dualismo ferroviario tornato ancora una volta agli onori della cronaca: il nuovo treno superveloce Frecciarossa 1000 il 25 aprile scorso ha impiegato solo 2 ore e 20 per scendere da Milano a Roma, a 350 km all’ora. Tra i passeggeri, ospite d’onore il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Sotto Roma lo scenario è diverso, come documentano ogni giorno i giornalisti che dal Sud continuano a gridare in prima pagina “Dateci i nostri treni”, con pari opportunità di servizi sicuri e veloci.
Nella prefazione Romano Prodi cita anche “Il racconto di due economie” illustrato giorni fa sull’Economist (16 maggio) che descrive l’Italia come un Paese che stenta a riprendersi e la sua parte meridionale che soffre più fortemente di prima: «La vera priorità dunque oggi è quella di rimettere la questione meridionale al centro dell’agenda politica italiana ed europea».
Si rifletta sulla questione dell’immigrazione che sconvolge ogni equilibrio sociale: nel totale egoismo delle istituzioni europee, il Mezzogiorno è stato ulteriormente relegato, in questi mesi, a lembo estremo per lo sbarco di profughi ad alto rischio. Sono i sindaci del Sud a ricordare che la generosa accoglienza e solidarietà delle comunità locali interviene in un contesto nazionale segnato da inaccettabili distorsioni economiche e sociali, e da elementi di degrado nella gestione delle istituzioni.
Un solo esempio: per la realizzazione di opere pubbliche in Italia servono in media 4,5 anni. I tempi delle fasi di progettazione e affidamento dei lavori (ricerca Svimez) pesano per il 61% sulla durata complessiva dell’opera. Nella progettazione preliminare il peso arriva a sfiorare il 75%. Basti pensare in Calabria alla realizzazione della Trasversale delle Serre i cui lavori Anas, avviati a Chiaravalle il 10 luglio 1997, sono ancora incompleti quasi vent’anni dopo: cantieri aperti, opere da appaltare, progetti “a lunga conservazione”.
Agli obiettivi ambiziosi di sviluppo e di contrasto alla corruzione devono dunque corrispondere segnali altrettanto coerenti di riforma nella governance della spesa, per risolvere, assieme ai mali del Sud, gli attuali “mali dell’Italia”. Il Mezzogiorno può uscire dalla solitudine ed essere utile anche al Nord e alle nuove sfide nazionali ed europee indotte dagli scenari della globalizzazione. Ma occorre fare prestittimo e concentrare ogni attenzione e ogni iniziativa sugli obiettivi di sviluppo. Anche qui si coglie l’esprtazione di Romano Prodi: “In questi mesi – scrive Prodi – il confronto politico e culturale è ancora prevalentemente incentrato sull’istituzione di nuovi ministeri, nuove agenzie e nuovi dipartimenti. Abbiamo bisogno invece -afferma ancora Prodi – di una più accentuata capacità di coordinamento da parte delle strutture della presidenza del Consiglio per agganciare anche il Sud alla ripresa economica che si prospetta”.
Convinto della necessità di discutere con più coraggio, Pino Soriero, impegnato da anni in prima persona sul territorio per promuovere le migliori risorse intellettuali del nostro Mezzogiorno, inchioda la politica locale, regionale e nazionale che non deve essere più subita come un destino: solo presentando un profilo più dignitoso le Regioni meridionali potranno influire sullo Stato centrale e sulle autorità di Bruxelles, incidendo nel confronto attuale sulla cosiddetta flessibilità dei conti pubblici. I recenti scenari postelettorali configurano una possibile sintonia politica tra governo nazionale e governi regionali. E’ una condizione del tutto inedita rispetto ai decenni precedenti che non consentirà più alcun gioco delle parti, dinnanzi a quella che si configura come una sfida di civiltà, politica e culturale, per il futuro dell’Italia.
Come risvegliare dunque “l’anima del Sud” per sottrarlo alla attuale “struggente solitudine”? In questi giorni continuano a sbarcare in Calabria e Sicilia migliaia di profughi e se è noto che i meridionali sanno accogliere e ospitare, il governo italiano deve saper ottenere molto più impegno e presenza dell’Unione Europea per caratterizzare di più e meglio la politica di cooperazione per lo sviluppo, incentivando nuovi positivi contatti tra gli ambienti produttivi delle due sponde del Mediterraneo, oggi in ebollizione per lo scontro su interessi di portata enorme.
Tale obiettivo se perseguito con determinazione dalla Presidenza del Consiglio, può mettere in moto le regioni meridionali, a partire dalla Calabria e dalla Sicilia, finalizzando prioritariamente le capacità operative di grandi strutture pubbliche, da Invitalia alla Cassa depositi e prestiti per coinvolgere più direttamente assieme all’imprenditoria nazionale il sistema bancario e i fondi privati di venture capital. Solo così potrebbe essere percepita con nettezza la funzione che l’Italia affida al Mezzogiorno mediante investimenti strategici nei porti, aeroporti, retroporti e aree di scambio intermodale, rivedendo e adeguando con più coraggio alcuni contenuti del Piano nazionale della logistica (presentato il 30 aprile scorso) e dotando finalmente il Paese di una piattaforma turistica avvincente per catene e circuiti alberghieri di rilevanza internazionale.
Si richiede al governo insomma di suscitare il coinvolgimento di tutte le energie culturali, progettuali, operative che possono essere espresse da sindacati, imprenditori, università, associazioni culturali. Qualcosa che abbia analogo spessore dell’impegno profuso per l’Expo di Milano e che sappia esaltare la scelta di “Matera 2019”, indicando nuove capacità operative ed anche nuovi riferimenti simbolici.
La destra per anni ha abilmente
alimentato il mito del Ponte sullo Stretto. La sinistra ha bloccato quel progetto, ma non è stata pronta a indicare un’alternativa di pari spessore. Non è irragionevole chiedere ora che, recuperando i ritardi del passato, si decida almeno – e finalmente – il proseguimento dell’alta velocità da Eboli a Reggio Calabria, esprimendo un diverso e più qualificato segno d’attenzione verso la grande Area dello Stretto.
Ci vorranno ovviamente soldi e tempo, ma intanto il segnale va dato subito per qualificare, attorno a un asse strategico, la nuova programmazione dei finanziamenti 2014-20 verso il completamento del “Corridoio uno” da Berlino a Palermo e consentire a tutta l’Europa di agganciare il nodo logistico strategico del porto di Gioia Tauro.

 

red. pol.

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