Faida di Vibo, il pentito Moscato entra nel processo

LAMEZIA TERME Il collaboratore di giustizia, Raffaele Moscato, è stato oggi ammesso come teste al processo, con rito ordinario, “Gringia” che prende il nome dall’operazione condotta dalla Dda di Catanzaro a novembre 2012 e tesa a fare luce sulla guerra di mafia tra il clan Patania di Stefanaconi e le altre consorterie criminali del Vibonese. Una guerra dalla quale erano scaturiti numerosi omicidi tra i quali quello di Giuseppe Matina, detto “Gringia”, avvenuto il 20 febbraio 2012.

Matina era marito di Loredana Patania, collaboratrice di giustizia, nipote del boss Fortunato Patania, ucciso a settembre 2011. Il nuovo teste ammesso al processo, invece, è considerato il killer del clan dei Piscopisani e si è pentito a marzo scorso, appena 24 ore dopo il suo arresto. Nel suo “curriculum” criminale ci sono gambizzazioni, rapine, estorsioni, traffico di sostanze stupefacenti, omicidi e tentati omicidi. Diverse le rivelazioni esposte agli inquirenti da Moscato. Tra queste, quelle che hanno portato all’arresto dei presunti mandanti ed esecutori dell’omicidio di Fortunato Patania: Francesco La Bella (42 anni), che sarebbe, proprio assieme al 25enne Moscato, uno dei killer del boss di Stefanaconi, e Michele Pietro Russo (26 anni), che subito dopo l’agguato avrebbe recuperato e fatto allontanare a bordo di uno scooter proprio La Bella, che è suo zio materno e quel giorno aveva il kalashnikov, poi inceppatosi, che avrebbe dovuto sfigurare Patania affinché fosse chiaro che si trattava di una vendetta per l’omicidio di Michele Mario Fiorillo, compiuto pochi giorni prima con le stesse modalità.

Alessia Truzzolillo
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