Non fosse per la drammaticità della situazione, verrebbe da restare nel solco dell’ironia e far dire a Franco Iacucci di informare Gaetano Pignanelli perché rappresenti al governatore Mario Oliverio che la sua giunta è stata travolta dalla magistratura. A giudicare, infatti, dal lungo silenzio del governatore, seguito al blitz della guardia di finanza che ha messo agli arresti domiciliari il suo pupillo, cocciutamente imposto come assessore, Nino De Gaetano e notificato agli altri due assessori, Carlo Guccione e Enzo Ciconte, avvisi per concorso in peculato e falso, ancora il presidente non ha ben chiaro lo tsunami che lo ha travolto. Così come non ha ben chiara la valenza politica dell’altro provvedimento cautelare emesso dal gip di Reggio Calabria con il quale si fa obbligo, come usava fare una volta con i capobastone, al suo delfino Nicola Adamo di non mettere piede in Calabria, laddove in questi mesi era proprio Adamo il più assiduo frequentatore di Palazzo Alemanni.
E quando il silenzio viene rotto, nel tardo pomeriggio, Oliverio sembra parlare di cose avvenute in Val D’Aosta: poche frasi di circostanza per poi concludere: «Come ho già avuto modo di dire nei giorni scorsi, la settimana prossima, appena entreranno in vigore le modifiche allo Statuto approvato dal consiglio regionale, procederò alla nomina della nuova giunta regionale».
Ma di che parla? La legislatura è iniziata da otto mesi e una giunta l’aveva già insediata, sia pure monca. Adesso ne fa un’altra? Tutta nuova? Seminuova? Semivecchia? E la fa perché riconosce i suoi errori o perché, come avevamo facilmente profetizzato, è intervenuto un largamente previsto e prevedibile tsunami giudiziario?
Rotto il silenzio da parte del governatore, sia pure nei tempi e nei modi appena descritti, a stretto giro arriva anche la tardiva dichiarazione del segretario regionale del Pd Ernesto Magorno. Anche per lui l’ipocrisia è d’obbligo: quella che fino a pochi mesi fa aveva indicato con una dichiarazione ufficiale come una «ottima squadra messa in campo da Oliverio», non merita neanche un accenno di solidarietà. Anzi, a dirla tutta, il comunicato di Magorno sa di “de profundis” visto che nel, «ribadire il pieno sostegno del Pd calabrese al presidente Oliverio», gli chiede di «mettere in campo una nuova squadra di governo e il coinvolgimento, nel governo stesso della Regione anche di forze che vadano oltre gli schemi usuali dei partiti politici e fuori dai recinti delle aree e delle correnti presenti all’interno di ciascuno di essi». Perché non lo ha fatto prima? Perché non lo ha fatto quando lo sollecitava Palazzo Chigi e lo implorava la dimissionaria Maria Carmela Lanzetta? Perché ha deciso di portare la Calabria e il suo partito al centro di uno scontro tra quel presuntuoso di Luca Lotti ed il resto dell’area renziana?
Infine il silenzio assordante del Pd nazionale: la Calabria non è Roma e neanche Napoli. È terra perduta, irredimibile.
Il che può testimoniare tutto il male e tutto il bene che ancora qui è possibile cogliere. Ma non basta a farci escludere che una ripartenza è ancora possibile, certo, ma nella misura in cui si è liberi da vincoli e condizionamenti. Cercando in casa forze, uomini e risorse, abbandonando vecchi percorsi e antiche liturgie.
Non si sommano mele e pere: ogni indagine che coinvolge una vasta pluralità di soggetti corre questo rischio. Certamente però non può ergersi a tribuno chi nelle carte dell’inchiesta appare più volte come soggetto fruitore di assegni e pagamenti.
Certo, molte cose in questo consiglio regionale appaiono e sono diverse, il punto è che i manovratori però fin qui sono stati i soliti noti. Quelli, per intenderci che hanno consegnato alla nuova legislatura un carrozzone di veleni e un’eredità di affarismi mutanti. Quelli che hanno inquinato ogni serio confronto politico creando le condizioni per una democrazia azzoppata, posto che il capo dell’opposizione, con i trucchetti di una legge elettorale indegna, resta fuori dal consiglio regionale. Verranno messi alla porta? Lo farà la politica o anche in futuro il pallino resterà in mano alle magistratura?
Già nei prossimi giorni sarà possibile avere qualche segnale in proposito, nel frattempo tacciano fiancheggiatori e manutengoli. Ci risparmino la loro pelosa e penosa morale e pensino a restituire i soldi che hanno ricevuto illecitamente dai politici che ora sono, anche per quei soldi, nel vortice di Rimborsopoli.
direttore@corrierecal.it
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