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La grande occasione di Mario

Questa volta Mario Oliverio è davvero un uomo solo. Lo è davanti al peso, morale e politico, delle sue responsabilità e davanti alle residue speranze che la Regione Calabria ha di uscire dal tunnel…

Pubblicato il: 28/06/2015 – 7:07
La grande occasione di Mario

Questa volta Mario Oliverio è davvero un uomo solo. Lo è davanti al peso, morale e politico, delle sue responsabilità e davanti alle residue speranze che la Regione Calabria ha di uscire dal tunnel nel quale è stata cacciata dal tradimento, oggettivamene di questo si tratta, delle promesse di rottura con il passato che era stata, invece, fatte sia nelle “primarie” che nelle elezioni regionali del novembre scorso.
Più o meno con onestà d’intenti, più o meno ipocritamente, più o meno liberamente, in queste ore è stato un susseguirsi di promesse e buoni propositi. Soprattutto è stato un susseguirsi di autorevoli impegni di togliere ogni condizionamento attorno ai nomi che dovranno comporre la “nuova giunta” di Mario Oliverio.
Il primo segnale lo offre proprio il suo vice. Enzo Ciconte, che pure non è certo tra i protagonisti più esposti in “Rimborsopoli” è stato categorico e chiaro: «La mia coscienza mi impone di rimettere nelle mani del presidente Oliverio il mandato affidatomi di vice presidente con deleghe al Personale, Bilancio e Patrimonio».
Il segretario regionale del Pd, Ernesto Magorno, già a caldo si impegnava a blindare Oliverio a patto che si dia corso ad una «svolta per la legalità». Aggiungendo che il partito da carta bianca a Oliverio purché lavori ad «una nuova squadra di governo con il coinvolgimento anche di forze che vadano oltre gli schemi usuali dei partiti politici e fuori dai recinti delle aree e delle correnti».
La bufera mediatico-giudiziaria, inoltre, ha avuto l’effetto, pare, di far recedere definitivamente l’opposizione dalla richiesta di un referendum sulla riforma dello Statuto voluta, anzi imposta, da Oliverio proprio per avere mani libere nella scelta degli assessori.
Ed ancora, la bufera mediatico-giudiziaria, ha liberato il governatore da ogni eventuale residuo accordo pre-elettorale. Lui nega che ve ne siano stati di inconfessabili, eppure tante delle sue scelte, riguardanti uomini, strategie e nomine, autorizza a pensare esattamente il contrario. In ogni caso le presenze ingombranti di questi mesi sono state spazzate vie, allontanate, in qualche caso anche fisicamente, dai palazzi del potere regionale. Certo, sarebbe stato meglio che ad allontanarle fosse stata la politica e non la magistratura, ma qui sta la responsabilità del Pd calabrese: non aver imposto una svolta, avallando, anzi, i tentennamenti di Oliverio.
Da qui in avanti non ci sono alibi per nessuno e non ci saranno prove d’appello. Ci sarà, invece, un tessuto sociale e politico ancora più precario e sfiduciato. Risalire la china, ammesso sia ancora possibile, non sarà agevole per cui Oliverio dovrà immediatamente dire cosa intende fare, quali priorità darsi e quali obiettivi conseguire nel medio e nel lungo periodo. Subito dopo dovrà indicare gli uomini che questo percorso dovranno compiere insieme a lui e qui cominciamo già ad andare sul terreno insidioso della bagarre politica. Capita già in queste ore con l’accapigliarsi tra quanti ipocritamente invocano una svolta non tanto perché la vogliono, quanto perché pensano di ricavarne una promozione personale. Lo tsunami giudiziario di questi giorni non sarebbe, quindi, un motivo di riflessione per aprire ad un nuovo corso, bensì una ghiotta occasione per lucrare sulle disavventure dei concorrenti.
I nomi che sentiamo in queste ore hanno, forse, una logica politica ma non hanno una collocazione funzionale nel quadro di un progetto che ancora, in verità, nessuno ha neanche illustrato. E tuttavia il dato certo risiede nel fatto che non è tempo per uomini adatti a tutte le stagioni. E neanche per esperimenti da compiere su un terreno che sa più di cooptazione che non di cambiamento.

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