REGGIO CALABRIA C’è chi – costernato – è rimasto senza parole di fronte alla notifica dell’ordinanza o del sequestro, chi invece non ha perso nulla dell’arroganza spudorata che traspare dagli atti e dalle ingiustificabili richieste di rimborso, chi invece ha affidato le ormai consuete dichiarazioni di autoproclamata innocenza e trasparenza a più o meno infuocati comunicati stampa. A poco più di 48 ore dal ciclone che ha travolto Palazzo Campanella, mettendo a nudo trucchetti di bassa lega per scucire un rimborso in più, clamorose violazioni e ruberie bipartisan, mentre il governatore, di ritorno dalla gita ad Expo, si interroga su come dare alla squadra di governo calabrese quello straccio di autorevolezza necessaria per proseguire la legislatura, i politici colpiti da misura, si preparano agli interrogatori.
LA GIRANDOLA DEGLI INTERROGATORI A partire da martedì – è stato deciso oggi in mattinata – si dovranno presentare di fronte al gip per essere sentiti tanto gli ex consiglieri da venerdì ai domiciliari – l’assessore dimissionario Nino De Gaetano e l’ex assessore Luigi Fedele – tanto i cinque colpiti da divieto di dimora, gli ex assessori Nicola Adamo (ex capogruppo del Pd), Alfonso Dattolo (ex assessore all’Urbanistica, Udc), Giovanni Nucera (ex segretario questore Pdl) e Pasquale Tripodi (ex Udc, adesso Centro democratico) – più il collaboratore del senatore Bilardi, Carmelo Trapani. Dopo di loro, potrebbero anche chiedere di essere ascoltati – o almeno questo hanno annunciato – gli oltre venti politici colpiti da sequestro per equivalente, provvedimento chiesto e ottenuto dalla procura per congelare somme pari ai rimborsi illegittimamente incamerati. Nel frattempo però, nell’oceano – per molti, pantano – della politica calabrese, si inizia a temere che la bufera non sia finita qui.
FASE 2? I legali più accorti sottolineano con preoccupazione che nelle carte mancano all’appello i responsabili amministrativi dei gruppi – chi ha materialmente curato la contabilità – mentre in molti tremano ricordando le parole che lo stesso procuratore capo della Dda, Federico Cafiero de Raho, si è lasciato sfuggire nel presentare i risultati dell’operazione «l’indagine riguarda innumerevoli episodi falsità ideologica, peculato e falso in atto pubblico consumati fra il 2010 e il 2012, ma – ha sottolineato il procuratore – la Corte dei Conti ha accertato spese irregolari anche per il 2013». Questo – si è affrettato a specificare il procuratore – “spiega anche l’attualità delle esigenze cautelari”. Ma forse preannuncia anche – e molti lo temono – verifiche ulteriori rispetto agli anni già oggetto di indagine, come pure un allargamento dell’inchiesta, per fattispecie e reati diversi, a quei soggetti che hanno permesso ai consiglieri di appropriarsi indebitamente del denaro pubblico.
SPUNTI INVESTIGATIVI C’è un dato che sembra emergere dalle carte che riguardano l’ex assessore dimissionario Nino De Gaetano. A pesare sulla posizione dell’ex assessore è il combinato disposto di due circostanze, su cui gli inquirenti sarebbero determinati a sapere qualcosa di più: primo, l’uso disinvolto del bancomat del gruppo consiliare, utilizzato da De Gaetano per prelevare decine di migliaia di euro andati a rimpinguare un misterioso “fondo nero” dall’utilizzo ancora misterioso, secondo le false fatturazioni nei confronti della Litografia Az di Massimiliano La Camera, per i pm «volte a precostituire pezze giustificative di somme utilizzate per fini non conformi alle finalità previste dalla legge regionale». Circostanze che se aggravano – sottolinea il gip – la posizione di De Gaetano, preoccupano anche il titolare della litografia, che ascoltato più volte dagli inquirenti nel corso delle indagini, ha ripetutamente cambiato versione, senza tuttavia mai convincere gli investigatori, oggi certi che gran parte delle attività commissionate dall’ex assessore, nulla avessero a che fare con le finalità del gruppo. Non a caso si riservano «ulteriori approfondimenti» sulla veridicità dei documenti fiscali presentati.
LE CARTE PARLANO Allo stesso modo potrebbe complicarsi – e dalle carte questo traspare chiaramente – la posizione del figlio di Luigi Fedele, Diego, al cui ristorante – stando almeno agli accertamenti cartolari, l’ex assessore ai Trasporti era solito mangiare a spese dl Consiglio. O almeno questo dicono carte e rendiconti presentati, anche se il sospetto degli inquirenti è che quelle cene non siano mai avvenute. Ma ulteriori guai, sembrerebbero poter arrivare anche per l’ex consigliere Alfonso Dattolo, a proposito del quale nelle carte si legge testualmente «orbene, acclarata l’inattendibilità contabile-documentale per il periodo in esame, va posta l’attenzione sui prelevamenti per contanti (€.39.000,00), per i quali appare evidentemente impossibile ricondurli a specifiche spese poi eventualmente sostenute nell’interesse del gruppo Udc». Una cifra che – pur prendendo per buono l’appunto manoscritto messo agli atti dall’interessato – si riduce, ma non si esaurisce e sulla quale si promettono “approfondimenti”.
QUALI RESPONSABILITA’ PER I PARTITI Ma questi non sono che esempi degli infiniti spunti investigativi forniti dagli stessi indagati anche in sede di interrogatorio, mentre inizia a farsi strada una domanda: possibile che i partiti ed i loro responsabili – che più volte hanno visto finanziare iniziative di bandiera con fondi istituzionalmente destinati al gruppo – nulla sapessero? Un dubbio che in futuro la procura potrebbe voler sciogliere.
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
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