REGGIO CALABRIA Diego Fedele, il figlio dell’ex assessore ai Trasporti, divenuto il ristoratore preferito del gruppo del Popolo della Libertà quando il padre ne era capogruppo, potrebbe non essere l’unico membro della famiglia a finire nei guai a causa delle spese pazze dell’ex consigliere Luigi Fedele. Anche il fratello Giovanni Fedele a breve potrebbe avere qualche grattacapo.
Su Diego, papà Luigi – interrogato dai magistrati Matteo Centini e Gaetano Paci e dal gip Olga Tarzia – ha tenuto a chiarire che non solo tutte le cene messe a rendiconto ci sono state davvero – contrariamente a quanto sostiene la Finanza che nella contabilità del ristorante non ne ha trovato traccia – ma anche che c’erano ottimi motivi per scegliere “Le Macine” di Sant’Eufemia d’Aspromonte – distante 40 minuti di curve da Reggio Calabria – come sede per le cene istituzionali. Di fronte a magistrati, pm e aggiunto, Fedele ha sostenuto di essere rimasto troppo scottato dal caso Lampada – il boss reggino trapiantato a Milano pizzicato ad una sua iniziativa elettorale – per azzardarsi a scegliere un luogo non certificato e nel quale non avrebbe potuto controllare l’afflusso. Alle Macine invece non avrebbe avuto dubbio alcuno su identità ed eventuali ospiti del ristoratore avendo addirittura la possibilità di riservare l’intera sala. Di fronte al gip Tarzia, al pm Centini e all’aggiunto Paci – che gli contestano quasi 400mila euro di rimborsi non dovuti – ha addirittura sostenuto che cene e pranzi istituzionali – che come tali ha promesso di provare – alle Macine, avrebbero comportato di sicuro un risparmio per Palazzo Campanella perché da ospite del figlio avrebbe potuto ottenere un forte sconto. E spese rendicontate senza problemi o difficoltà.
Quello che allo stato non è dato sapere è se i magistrati gli abbiano chiesto come mai quelle spese da lui effettuate e messe a bilancio, siano poi state “passate” senza problemi dal dirigente dell’Ufficio di presidenza, l’avvocato Giovanni Fedele. Secondo la norma, il capogruppo una volta approvato il rendiconto, lo trasmette all’Ufficio di presidenza per un ulteriore controllo prima di dare luce verde per la liquidazione dei rimborsi. A provarlo è la nota del 24 aprile 2012, con oggetto “Richiesta rendicontazione fondi Gruppo PDL anno 2011” che il capogruppo Luigi Fedele invia al dirigente dell’Ufficio di presidenza, l’avvocato Giovanni Fedele, in cui si legge: «In riferimento alla rendicontazione dei fondi del Gruppo Consiliare PDL, Le trasmetto in allegato il prospetto riepilogativo generale anno 2011». Nonostante i toni formali dettati da buonsenso e burocrazia, l’ex assessore e capogruppo Fedele si rivolgeva al fratello per ottenere il rimborso delle spese – incluse quelle al ristorante del figlio – che lui stesso aveva certificato. Nella migliore delle ipotesi si tratta di un gigantesco caso di conflitto di interesse, ma che potrebbe tracimare – ed è questo il principale timore in certi ambienti – in qualcosa di molto più complicato per il dirigente. Stando a quanto emerso fino ad ora, tra le spese figurano non solo gli oltre 42mila euro “versati” al ristorante “Le Macine”, ma anche 1500 euro per le gomme dell’auto, 235 euro per l’acquisto di una penna, 300 euro per tre cornici, 4500 euro di misteriosi «omaggi+rappresentanza», nonché innumerevoli viaggi da solo o in compagnia. Anche oggi di fronte ai magistrati Fedele – Luigi – ha assicurato che chiarirà tutto. Sarà chiamato a farlo anche Giovanni che a quelle spese ha dato visto buono?
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
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