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La trasparenza è un problema della Bruno Bossio

Finalmente il mandante di tanti attacchi e di tante manovre contro quel che rimane di una informazione libera in Calabria, esce allo scoperto. Mette da parte manutengoli e sicari di paese e, con un…

Pubblicato il: 05/07/2015 – 11:48
La trasparenza è un problema della Bruno Bossio

Finalmente il mandante di tanti attacchi e di tante manovre contro quel che rimane di una informazione libera in Calabria, esce allo scoperto. Mette da parte manutengoli e sicari di paese e, con uno scatto di nervi incontrollato, mette faccia e firma alle sue allusioni. L’onorevole Enza Bruno, in perfetto stile mafioso, chiede sui social: «Qualcuno sa dirmi chi finanzia Paolo Pollichieni e il Corriere della Calabria?».
Lo chiede dopo avere premesso, senza arrossire, che «i finanziamenti dell’attività politica di Nicola Adamo sono pubblici e rendicontati. La mia dichiarazione dei redditi è sul sito della Camera dei deputati».
Di come si sia finanziato la sua personalissima attività politica Nicola Adamo sappiamo dalle carte di “Adamopoli” che seguono quelle di “Energopoli”. Della dichiarazione dei redditi dell’onorevole Bossio, invece, i calabresi non possono sapere perché chiunque andrà sul sito della Camera dei deputati troverà che l’onorevole Bruno Bossio ha coperto con il neretto i nomi di alcuni finanziatori rendendoli non leggibili. Perché lo ha fatto?
Cercheremo di scoprirlo, e di spiegarlo, in altro servizio, perché la censura apposta sul sito della Camera dall’onorevole Bruno Bossio non ha resistito agli accertamenti della polizia giudiziaria. Gli accertamenti riguardano indagini che hanno portato al sequestro di beni in forza della legge antimafia e quindi è possibile ricostruire quei finanziamenti.
Forse trova imbarazzante l’onorevole Bruno Bossio dover rendere noto che lei, componente della Commissione antimafia, ha ricevuto finanziamenti da aziende oggi sotto sequestro in base alla legge Rognoni-La Torre.
E veniamo al Corriere della Calabria: non ci finanzia nessuno. Non abbiamo mai avuto alcun contributo pubblico. Abbiamo sempre rifiutato editori-ombra. Qualsiasi somma, in entrata e in uscita, è tracciabile.
Ben per questo abbiamo un sacco di debiti e spesso abbiamo rischiato il fallimento. Tuttavia abbiamo sempre sottoscritto contratti di lavoro in ordine con leggi e regolamenti. Molti colleghi hanno abbandonato perché non siamo riusciti ad essere puntuali nei pagamenti. Altri resistono. Siamo l’unica azienda editoriale ad avere ottenuto da oltre un anno il decreto ministeriale per i contratti di solidarietà che non ha mai ricevuto neanche un soldo rispetto al dovuto.
Avevamo un contratto con l’Anas che non è stato mai onorato (attendiamo i soldi che ci devono) e non è stato rinnovato da quando un parlamentare del Pd calabrese è andato all’Anas con copia dei nostri servizi per dire che stavano pagando i loro denigratori.
E tuttavia la nostra testardaggine è stata premiata perché da alcuni mesi i nostri servizi giornalistici confluiscono nelle attività di una grande agenzia di informazione primaria collegata a sua volta con la maggiore agenzia operante in Europa. In forza di ciò e con la rinuncia all’edizione cartacea e una migliore raccolta pubblicitaria resa possibile dal fatto che 236 mila persone ci seguono, consultando oltre un milione e seicentomila pagine del nostro sito attraverso oltre mezzo milione di sessioni, forse riusciremo a trovare anche un equilibrio economico, pagare i debiti accumulati, regolarizzare l’unico dipendente senza contratto: il direttore.
Insomma: viviamo del nostro lavoro, cosa difficile da comprendere alle latitudini in cui sguazzano personaggi che non hanno mai avuto un lavoro e vivono di politica.

 

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