VIBO VALENTIA La Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro ha aperto un filone di inchiesta su dei reperti archeologici che sarebbero stati rubati attraverso scavi clandestini a Vibo. È quanto è emerso dalla desposizione del colonnello Giovanni Sozzo davanti al Tribunale di Vibo nell’ambito del processo Black Money contro il clan Mancuso di Limbadi. Rispondendo alle domande del pm Marisa Manzini, Sozzo, che fino al 2012 era in servizio al Ros di Catanzaro, ha spiegato che nel corso delle indagini condotte nell’ambito dell’inchiesta “Purgatorio” ha riscontrato rapporti tra alcuni soggetti vibonesi, tra cui un operaio specializzato, un imprenditore di auto e un giornalista-archeologo, con il boss Pantaleone Mancuso (detto “Vetrinetta”). I personaggi citati da Sozzo, stando al suo racconto, si sarebbero recati più volte dal boss a Limbadi per pianificare un business milionario legato ai reperti archeologici trafugati attraverso scavi clandestini e venduti anche nei circuiti illegali, anche all’estero.
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