CATANZARO La cocaina, purissima, arrivava in Europa dalla Colombia e dal Venezuela grazie a corrieri che la facevano viaggiare nei container, la scioglievano e ne imbevevano vestiti e stoffe, la trasportavano nei vani motore delle barche o attraverso persone capaci di ingerire fino a un chilo di ovuli. Un traffico internazionale che gli investigatori seguono dal 2005 e che ha permesso di intercettare carichi ingenti di droga che viaggiavano tra l’America latina e l’Europa. L’operazione Overing – che questa mattina ha portato all’arresto di 44 persone – scaturisce dalle indagini avviate dai carabinieri del Ros sotto la direzione della Procura distrettuale antimafia di Catanzaro e con il supporto della Direzione centrale per i servizi antidroga. «Le indagini dell’operazione Overing – ha detto in conferenza il procuratore capo Vincenzo Antonio Lombardo – hanno preso piede nel 2005 e negli anni hanno permesso di intercettare diversi carichi di droga. La cocaina, spesso, veniva inserita nei container con la tecnica del drop-in ossia, “lasciata cadere” nei container dopo i controlli. In un caso in particolare è stato fermato un carico contenente 495 panetti da in chilo. In un’altra occasione i chili intercettati sono stati 45, nascosti in borsoni da viaggio. Dieci chili di cocaina sono stati intercettati nascosti nel vano motore di una barca. E in un’occasione è stato fermato un corriere colombiano che aveva ingerito un chilo di ovuli. Inoltre sono stati fermati due corrieri, i quali, si è scoperto in seguito, erano poliziotti colombiani corrotti. Essenziale è stata la collaborazione di Domenico Trimboli che, arrestato in Colombia a maggio 2013, è divenuto collaboratore di giustizia. Trimboli lavorava per i fratelli Cortese e gestiva il traffico di cocaina per conto della cosca vibonese».
LA NASCITA DI OVERING L’attività investigativa è stata avviata indagando su soggetti collegati alla cosca Mancuso di Limbadi, nel ramo facente capo a Giuseppe Mancuso, detto “Peppe ‘mbrogghia”. Le indagini sono partite grazie a una segnalazione che evidenziava l’interesse di un gruppo fornitore colombiano a realizzare la spedizione di ingenti quantitativi di droga destinata a un porto del Nord Italia.
Come ha sottolineato il procuratore aggiunto Giovanni Bombardieri, Domenico Trimboli, che fungeva da raccordo tra i colombiani e l’organizzazione calabrese capeggiata dai fratelli Cortese. Le indicazioni di Trimboli hanno permesso agli investigatori di capire come funzionava e come si muoveva l’organizzazione criminale. In particolare è stato possibile scoprire un laboratorio artigianale per l’estrazione della cocaina dai tessuti. La struttura sorgeva in contrada Panaia nel comune di Spilinga, nel Vibonese, e qui i colombiani avevano inviato un chimico venezuelano che insegnasse ai calabresi ad estrarre il narcotico liquido di cui erano imbevuti i vestiti trasportati da Oltreoceano.
IL RUOLO DEGLI INFILTRATI Importante, per meglio addentrarsi nella struttura criminale, è stata la creazione, da parte dei militari del Ros, di una società fittizia di import export, la “Ligure Servizi s.r.l”, nella quale erano infiltrati i sottufficiali Maurizio Amico e Roberto Longo, titolare della società. I due militari sotto copertura si sono messi in contatto con i sudamericani che erano alla ricerca di una ditta italiana compiacente disposta ad acquistare il carico legale di copertura. La struttura sotto copertura dei Ros era riuscita ad avviare rapporti con la Plastiquimica sudamericana, di Bogotà, attraverso la quale avrebbe dovuto ricevere il carico di cocaina. Un’operazione che ha permesso, tra le altre cose, il sequestro di 570 chili di cocaina all’interno del porto di Cartagena. All’interno dell’organizzazione colombiana vi era anche il broker Correa Gonzales, condannato nel 2011 a 22 anni di carcere per traffico internazionale di stupefacenti.
Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it
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