Il maestro e l’allievo, la coppia perfetta. Che ora non c’è più. È un divorzio che rischia di cancellare successi, delusioni e sentimenti extra-politici quello tra Carlo Guccione e Mario Oliverio. È la storia di un figlio (Guccione) che si è sentito rinnegato dal padre (Oliverio). Ma è anche la vicenda che certifica l’epilogo di un sodalizio che affonda le sue radici negli anni Ottanta. Dicevano che l’uno fosse il clone dell’altro e che l’uno si avvalesse dell’altro per portare a compimento i propri progetti. Ci sono assonanze dappertutto tra i due. Compreso lo storytelling, per usare un linguaggio caro all’universo di Matteo Renzi.
Poi, complice il ciclone “Rimborsopoli”, tutto è crollato. Guccione fuori dalla giunta, sacrificato sull’altare della ritrovata intesa tra il governatore e i vertici del Pd. Una nemesi per il primo presidente di Regione di provenienza Pci. L’anti-rottamatore costretto alla rottamazione per sopravvivere e rilanciarsi. Il vecchio comunista piegato dalle logiche del renzismo più radicale. Adesso l’esigenza per Oliverio è fare squadra, fidarsi di qualcuno, trovare le persone giuste per scrivere una nuova storia.
Il governatore rinuncia all’esponente politico che più gli è stato vicino nel corso degli ultimi anni (anche nel periodo del feroce scontro con Nicola Adamo) e lo fa non senza qualche rimpianto. «Vista la situazione, non potevo fare altrimenti», è il commento sussurrato dal “lupo” di San Giovanni in Fiore ai suoi. E ancora: «Questa giunta che ho nominato è una svolta epocale per la Calabria».
Tutto ciò potrebbe essere vero. Quattro docenti universitari e tre donne rappresentano un mix mai sperimentato a Palazzo Alemanni. Certo, con le alchimie numeriche non si va lontano e il nuovo esecutivo è atteso alla prova dei fatti. Quei fatti che Guccione rivendica di aver realizzato nel corso di questi mesi alla guida dell’assessorato al Lavoro.
Quando l’altra sera Oliverio ha annunciato la nuova squadra di governo, il primo commento è arrivato dal Pse, partito dove sono annidati i fedelissimi di “Carletto”: «Questa regione è stata commissariata dai vertici del Nazareno». Un’affermazione che a tutti è parsa una sentenza: da oggi cambia tutto.
Tra i meandri dell’Astronave più di uno ipotizza scenari apocalittici, ovvero che Guccione possa lasciare il Pd. Così non sarà, almeno nel breve periodo. L’ex segretario del Pd calabrese, esponente della corrente dei “Giovani turchi” di Orfini e Orlando, resterà nei dem ma con un profilo più critico. «Potrebbe diventare il controcanto al pensiero unico di Mario», profetizza chi ha avuto modo di parlargli.
Guccione ricostruirà sabato a Cosenza, davanti a telecamere e taccuini, le ultime settimane di passione. E c’è chi è pronto ad assicurare che non ci saranno giudizi lusinghieri per l’operato della maggioranza di centrosinistra. Prima di governo, adesso di lotta. Nell’inner circle guccioniano fanno notare i «poco positivi» risultati ottenuti nel campo della sanità (con «Scura che sta facendo peggio di Scopelliti») e del porto di Gioia Tauro, due tra i settori su cui Oliverio ha scommesso molto nella passata campagna elettorale.
Non si sa, questa è la vera incognita delle prossime settimane, se Guccione farà asse con i malpancisti che albergano nel gruppo “Oliverio Presidente”. In ogni caso, nulla sarà come prima. Perché quando un amore (politico) finisce così bruscamente, a pagarne le conseguenze sono un po’ tutti i protagonisti.
Antonio Ricchio
a.ricchio@corrierecal.it
x
x