ROMA «Lo scorso 7 luglio siamo andati a Roma per dire no alla votazione definitiva alla Camera della riforma della scuola che riteniamo incivile antidemocratica e anticostituzionale perché lede i diritti di tutti: docenti studenti e famiglie». E’ quanto affermano gli insegnanti calabresi presenti a Roma con una folta delegazione per protestare contro la riforma della scuola. «Questa riforma precarizza i docenti di ruolo perché l’incarico di servizio dura tre anni, rinnovabile o meno. L’albo regionale costringe i docenti a peregrinare in giro per la Calabria, penalizzando così sia la resa professionale che la continuità didattica. Si decontrattualizza il rapporto di lavoro quindi cambia lo stato giuridico del docente. Si privatizza la scuola che dovrà sopravvivere grazie alla carità di sponsor privati. Gli studenti pagheranno rette esose. La scuola diventerà un diplomificio. Il sostegno sarà smantellato con le deleghe in bianco contenute all’articolo 22. Solo gli studenti benestanti si potranno istruire. Sparisce il fondo d’istituto. Spariscono gli organi collegiali a causa dell’articolo 22. I presidi, nella scelta dei docenti, saranno pesantemente condizionati dalle liste dei capibastone di zona, lobbies e partiti. A parità di stipendio le ore frontali di servizio saranno aumentate con la banca delle ore. Con la governance, la competenza sull’Istruzione viene delegata alle Regioni che sono già pesantemente in difficoltà per i pagamenti di tutti gli altri lavoratori. La continuità didattica e l’anzianità di servizio non saranno più un criterio di riferimento, perché “il dirigente sceglie secondo criteri suoi” (cit. Renzi). Questa riforma non ha nulla a che vedere con la pedagogia. All’origine di questa riforma c’è una fondazione privata che ha a che fare con Confindustria, banche e imprenditoria».
«Renzi e Giannini – incalzano gli insegnanti – hanno sempre inscenato una propaganda di ascolto e confronto che, nella realtà dei fatti, non ha trovato nessun riscontro. Persino le audizioni in 7a commissione cultura alla Camera sono state totalmente ignorate. Al contrario, abbiamo subito costanti tentativi di delegittimazione. Infatti dalla ministra Giannini, da Marco Campione del MIUR, dal premier Renzi e dall’On.le Malpezzi siamo stati definiti: “squadristi, abulici, irresponsabili, docenti in cerca di gloria televisiva con pagliacciate, docenti che non vogliono farsi valutare”. Inoltre tutte le nostre manifestazioni, contestazioni, flash mob, scioperi di massa, blocco scrutini, boicottaggio anti invalsi, sono stati tutti rigorosamente censurati dai media nazionali. Una folta delegazione di docenti calabresi ha preso parte al presidio ed al corteo. Siamo stati fra i primi ad arrivare in piazza. Sul palco si sono quindi alternati esponenti politici e sindacali che, fino ad ora, non hanno centrato la ratio ad esso sottesa, cioè quel mercantilismo e quel “classismo di ritorno” imposti dai poteri economici (ormai è noto che la legge riprende un “desideratum” della Fondazione TreeLLLe!) che costituiscono un attentato alla Costituzione e determinano il primato degli affari sulla politica e sulla cittadinanza.Mentre l’aula della discussione alla Camera era semideserta, il presidio si è trasformato in un lungo corteo».
La protesta degli insegnanti calabresi non finisce qua. «Stiamo lavorando – annunciano i docenti – ad un evento da fare con la collaborazione dell’Università, perché ricordiamo che questo governo aveva preso di mira anche gli atenei, classificando quelli di serie A e B dai quali si avrebbe un titolo di studio con valore legare differente, quindi discriminatorio e antidemocratico, norma al momento ritirata, ma che non ci permette di abbassare la guardia. Ma abbiamo intenzione di rilanciare anche l’unione delle lotte con gli altri lavoratori, perché vogliamo evidenziare e far capire che non stiamo facendo una lotta di una categoria di lavoratori, ma è una rivendicazione di democrazia e civiltà, perché la scuola è un organo costituzionale e ha necessità di essere svincolata dalle logiche aziendali , di finanziamento dei privati e dalla gestione verticistica, perché soggetta a corruzione, mafia e discriminazione del diritto allo studio, che invece deve essere uguale per tutti, garantito e gratuito. Ma soprattutto vogliamo sottolineare che, anche “il lavoratore” della scuola sta subendo uno scippo di diritti aquisiti, con una estensione del job-act anche alla scuola, precarizzando di fatto anche il personale di ruolo, licenziabile se in esubero e non ricollocabile e con contratti a scadenza. I tribunali saranno intasati per i ricorsi dei docenti penalizzati e che ravvisino profili di incostituzionalità o abusi di potere da parte dei dirigenti scolastici. Si aprirà una stagione di vertenze e conflitti, e per chi non potrà permettrersi l’iter del ricorso si potrebbe aprire invece uno scenario di gesti estremi, di cui sarà responsabile solo questo governo».
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