CATANZARO Il Comitato per la scuola della Repubblica di Catanzaro e provincia scrive al capo di Stato per protestare ancora contro la riforma voluta dal governo Renzi. Lo fa in nome dei «diritti dei cittadini che sono violati e calpestati dalla riforma Renzi-Giannini, che ha stravolto tutte le regole democratiche sancite dalla Costituzione».
«Noi del “Comitato per la Scuola della Repubblica di Catanzaro e Provincia” – continuano i docenti –, viste le problematiche esistenti sul nostro territorio, vogliamo richiamare la sua attenzione sugli aspetti della riforma dai quali l’utenza locale risulterebbe gravemente danneggiata nell’esercizio del suo diritto/dovere all’istruzione».
Innanzitutto «la grave violazione dell’articolo 3 della Costituzione sulle pari opportunità in merito all’alternanza scuola-lavoro, senza oneri per la finanza pubblica, inapplicabile nelle nostre realtà per assenza di imprese che possano garantire a tutti nostri studenti del triennio degli istituti di istruzione secondaria di secondo grado 400 o 200 ore (rispettivamente per gli istituti tecnici e per i Licei) di stage. Questo renderebbe la scuola del nostro territorio inadeguata rispetto agli standard nazionali e pregiudicherebbe negativamente la valenza dei titoli di studio acquisiti in tutto il Meridione d’Italia». La mancanza di un tessuto imprenditoriale, che oggi pregiudica il percorso degli studenti in uscita dal mondo dell’istruzione, con la riforma pregiudicherebbe anche la loro formazione. C’è, poi, «l’ipotesi di attribuire un diverso punteggio nei concorsi pubblici ai laureati in base all’Ateneo». Ipotesi che, «dopo aver stilato una graduatoria dalla quale nessuna università del Meridione rientra nei primi 20 posti, rappresenta una condanna per le famiglie del sud Italia che dovranno indebitarsi fino al collo se vogliono per i propri figli un titolo di studio che si presti a qualche garanzia occupazionale. Questo implica maggiori rischi di finire in mano ad usurai e alla malavita organizzata».
Non è tutto. Gli insegnanti segnalano anche «la grave violazione dell’articolo 97 della Costituzione sull’imparzialità della pubblica amministrazione. Il nostro presidente della Repubblica non può disconoscere che in Calabria e nel Meridione d’Italia la chiamata diretta dei dirigenti e la valutazione dei docenti diventerebbero facilmente appannaggio di elementi della malavita organizzata e della politica ad essa collegata. Le gravissime conseguenze non ricadrebbero solo sulla categoria docente, precludendone la libertà d’insegnamento sancita dalla Costituzione all’art. 33, ma comporterebbero che la formazione dei nostri ragazzi sarebbe affidata a soggetti legati a quei circuiti: si rischia un’emergenza nazionale». Per questi motivi, i docenti chiedono a Mattarella «di non firmare il disegno di legge. La nostra mobilitazione continuerà fino all’estinzione di questo nefasto progetto che pregiudica definitivamente il futuro del Meridione d’Italia».
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