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L'ostello della speranza

Un altro ostello per la gioventù. In Calabria non sono molti, a dire il vero. Questo, però, ha una valenza particolare. È nato a Locri sulle ceneri di un palazzo confiscato a un clan di mafia. Non …

Pubblicato il: 16/07/2015 – 8:26

Un altro ostello per la gioventù. In Calabria non sono molti, a dire il vero. Questo, però, ha una valenza particolare. È nato a Locri sulle ceneri di un palazzo confiscato a un clan di mafia. Non quindi un’attività imprenditoriale tout court, ma un segnale concreto di riscatto della legalità, in una regione, tra le tante, dove è difficile, anche a causa di una legislazione carente che il procuratore Nicola Gratteri – il mancato ministro della giustizia – vorrebbe cambiare per rendere più facile, dopo il sequestro dei beni dei mafiosi, la confisca e la relativa assegnazione ad associazioni di volontariato, culturali, benefiche. E così come in Sicilia la villa che ospitò la latitanza di Riina è stata trasformata in caserma dei carabinieri, a Locri il palazzo di un clan locale è diventato casa di ospitalità per i giovani di tutta Italia e di Europa. Un fatto estremamente esemplare che deve far da monito agli altri clan, ma soprattutto ai giovani affinchè non si lascino tentare dal demone del crimine. Di un significato particolarmente simbolico il fatto che, al momento dell’inaugurazione, il taglio del nastro sia stato affidato a Stefania Grasso, la figlia di Vincenzo Grasso, un imprenditore della jonica reggina, assassinato dalla mafia, nel 1989, perché si era negato al pizzo. E non perché parente di Tano Grasso, il fondatore delle associazioni antiracket, ma solo perché ventisei anni fa aveva dentro di sé la cultura antimafia che lo ha spinto a non cedere ai ricatti e allo strapotere mafioso, non cedendo alle vessazioni delle organizzazioni criminali, a costo di rimetterci la vita. Stefania Grasso non si è rifiutata di compiere il gesto esemplare di tagliare il nastro. Lo ha fatto in nome e per conto di tutte le vittime innocenti della mafia e anche a nome dei loro familiari. Accanto a Stefania, la madre,vedova dell’imprenditore ucciso,altri congiunti di “vessati”, ma anche tutte le autorità del circondario di Locri, deputate a sovrintendere l’ordine pubblico, con tutte le difficoltà che condizionano l’agire legale. Non potevano mancare polizia, carabinieri, guardia di finanza, magistrati,sacerdoti, guidati dal vescovo della diocesi di Locri-Gerace, Francesco Oliva. Non sono stai assenti amministratori locali, con in testa il sindaco di Locri, Giovanni Calabrese, che hanno voluto – anche loro – esser lì, al momento dell’inaugurazione dell’ostello, per dire ai cittadini che non bisogna aver paura. Soprattutto quando colpisci le organizzazioni criminali sul piano economico.

Non sempre è facile, giungere alla confisca e all’assegnazione del bene confiscato. L’esempio di don Giacomo Panizza, a Lamezia Terme, è eclatante. Ha sofferto e soffre le pene dell’inferno perchè, accettando, un bene confiscato, aveva violato i cosidetti codici d’onore della ‘ndrangheta e si era permesso di offendere, accettando il bene, l’onore delle cosche locali. Un messaggio importante per l’intera comunità, per il comprensorio jonico, ma per tutta la Regione perché c’è stata la vittoria di Locri e dell’allora sindaco Francesco Macrì,che aveva proposto l’acquisizione dei beni confiscati, ma l’intero territorio calabrese perchè possa costituire esempio da imitare in tutta la Calabria, che, qualche volta, non riesce a raggiungere lo scopo della legge che ha istituito il sequestro, la confisca e l’assegnazione dei beni,assai spesso, frutto di attività illecite. Non è semplice l’iter burocratico da seguire.

Di fronte, però alla precisa e netta volontà, di giungere allo scopo, gli ostacoli cedono il passo al risultato che si vuole ottenere. C’è, poi, la questione della gestione del bene, che non è punto semplice. Anche perché è affidata agli uomini e a quanti vivono in questi territori che non sono esenti da complicità ed infiltrazioni. Se la paura cede il posto al coraggio l’obiettivo si raggiunge e diventa monito per gli altri. Se sono riusciti in quel comune perché non posso riuscire anche io? Facile a dirsi, assai spesso, più difficile, poi, mantenere l’intenzione perché i criminali non accettano di essere colpiti nella cassa di famiglia. E, per questo, esperiscono, tutti i tentativi, legali(?) e illegali per tornare in possesso del bene. La caparbietà della gente, amministratori in testa, la determinazione dello scopo, a Locri, hanno trasformato un fabbricato nell’ostello della speranza. Vi pare poco?

 

*giornalista

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