CATANZARO Le parole chiave sono due: “dentisti” e “deregulation”. Le si mette insieme e ne viene fuori un (controverso) testo di legge che liberalizza le procedure per l’accreditamento degli studi privati, a tutto vantaggio della “lobby” degli odontoiatri e con una buona dose di rischio per i pazienti.
COLPO DI MANO Il “blitz” sanitario avviene a maggio, con l’approvazione, da parte della precedente giunta Oliverio, di un disegno di legge che – una volta approvato dal consiglio regionale – potrebbe allentare i lacci burocratici per l’espletamento dell’attività degli studi dentistici di tipo libero professionale. In sostanza, si introduce una differenza di non poco conto: per operare, gli ambulatori e le grandi strutture avranno ancora bisogno dell’autorizzazione e dell’accreditamento della Regione; ai piccoli studi, invece, che non praticano attività “invasive”, basterà una semplice Scia, cioè una “segnalazione certificata di inizio attività”. Tutto qua.
Logica, quindi, l’esultanza delle associazioni di categoria. Come quella del presidente degli odontoiatri di Reggio, Filippo Frattima, in occasione dell’ultima assemblea regionale: «Abbiamo vinto tutti. Per i dentisti calabresi questo è un traguardo storico. Abbiamo dovuto combattere contro chi, nutrendo qualche interesse, ha inviato i Nas, prima a Catanzaro, dove hanno fatto chiudere alcuni studi per mancanza della autorizzazione e, più recentemente, a Reggio. Finalmente il buon senso di questa giunta ha deliberato, giustamente, che non dovevamo avere gli stessi requisiti che sono obbligatori solo per le grandi strutture e per gli studi accreditati. Il tempo ci ha dato ragione, era come dicevamo noi, lo studio libero-professionale non deve essere soggetto o succube della Regione».
I CONTENZIOSI Il sospetto è che dietro un progetto molto “liberale” – si dice fortemente sponsorizzato dall’ormai ex vicepresidente della giunta, Vincenzo Ciconte (che è anche presidente dell’ordine dei medici di Catanzaro) – si nasconda una sanatoria per gli innumerevoli studi privati non in regola con le normative in vigore sulle autorizzazioni. Infatti, negli ultimi tempi sono fioccati molti contenziosi in seguito ai controlli dei Nas e alle relative sanzioni per mancata ottemperanza delle “richieste” della Regione. Il nuovo progetto di legge, in pratica, mira a cancellare con un colpo di spugna gli impedimenti burocratici per i dentisti titolari di piccoli studi. Che, come per magia, vedrebbero svanire “influenze” fastidiose sulle loro attività.
I PARERI CONTRARI Significativo il fatto che la giunta Oliverio abbia deciso di avallare il nuovo piano nonostante alcuni pareri negativi di “peso”. Uno di questi è stato formulato, lo scorso 3 giugno, da un dirigente del dipartimento Tutela della salute, in un carteggio con l’Avvocatura regionale che aveva per oggetto il possibile ricorso in Cassazione contro una sentenza che dava ragione a un dentista. «La conseguenza ancora più grave – scrive – è il favore che il mancato ricorso fa alla causa della potente lobby» degli odontoiatri. «Sono ormai anni che le associazioni dei dentisti provano a scovare una Regione disposta a riconoscere che essi non debbano essere in possesso dell’autorizzazione sanitaria all’esercizio come dovuto per tutti gli altri specialisti. Puntualmente la Corte costituzionale boccia tutte queste “iniziative” regionali, per ultima quella dell’Abruzzo con la sentenza 59 del 2015».
LE PRESTAZIONI La deregulation, nelle intenzioni della giunta, riguarda le attività odontoiatriche «a minore invasività». Quali sono? Nel testo di legge sono elencate, nell'”allegato B”: attività peritali; conservativa; endodonzia; igiene e profilassi odontoiatrica; chirurgia orale; implantologia; ortodonzia; parodontologia; protesi; diagnostica per immagini; anestesia locale.
Ma siamo sicuri che queste prestazioni siano “non invasive”? Un dirigente del settore “Autorizzazioni e accreditamento, in un parere relativo alla stessa sentenza, spiega che «lo studio medico, odontoiatrico o di altre professioni sanitarie è “esente da autorizzazione sanitaria” esclusivamente nel caso in cui al suo interno le prestazioni siano tassativamente limitate a “semplici visite senza l’utilizzo di apparecchi diagnostici e senza azioni invasive che comportino un rischio per la sicurezza del paziente”». E diverse prestazioni incluse nell’allegato B rientrano tra quelle «molto spesso di tipo chirurgico, quasi inevitabilmente invasive e con seri rischi per la salute e sicurezza del paziente ben noti nella letteratura medica e che comunque costituiscono ormai fatto notorio e più volte salito (si fa per dire) “agli onori della cronaca” per i casi di malasanità nell’erogazione di “ordinarie” prestazioni odontoiatriche».
INTERFERENZE A complicare il quadro, ecco pure il potere limitato della giunta di una regione sottoposta a Piano di rientro come la Calabria. La possibile deregolamentazione a favore dei dentisti, infatti, è di esclusiva competenza del commissario ad acta, Massimo Scura, a cui – come stabilito dal Consiglio dei ministri – spetta l’«attuazione della normativa statale in materia di autorizzazioni e accreditamenti istituzionali, mediante adeguamento della vigente normativa regionale». Oliverio e i vecchi assessori, cioè, hanno travalicato le loro competenze. Lo avevano già fatto con il blocco delle procedure di accreditamento (inserito nell’ultima Finanziaria) per le nuove strutture socio-sanitarie (Rsa). E infatti Scura aveva agito tempestivamente segnalando l’anomalia direttamente al governo, che ha poi proceduto a impugnare la norma davanti alla Corte costituzionale.
Era già successo in passato, quando l’ex commissario Luciano Pezzi aveva sospeso l’efficacia di una legge, varata dal Consiglio, che introduceva agevolazioni societarie per le strutture sanitarie regionali.
Nel caso dei dentisti, invece, Scura finora è rimasto in silenzio.
Pietro Bellantoni
p.bellantoni@corrierecal.it
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