REGGIO CALABRIA Cè chi abbraccia a lungo Alexander Buchmann, il coordinatore di “Medici senza frontiere” (Msf) a bordo, chi si guarda attorno incredulo, chi saluta la terraferma lanciando baci, inframmezzati da sorrisi che illuminano volti tirati e stanchi. I quasi settecento profughi arrivati questa mattina, all’alba a Reggio Calabria, non credevano più che quella nave li avrebbe portati in Europa. Intrappolati dalla burocrazia dell’accoglienza, dopo giorni di traversata, arrivati in prossimità delle coste italiane sono stati costretti ad attendere a bordo per più di 48 ore. In Sicilia, lo sbarco non è stato autorizzato. Nessun porto era disponibile. Centri troppo pieni, strutture al collasso, personale insufficiente. E quella dei 678 migranti, tutti provenienti da Bangladesh, Costa d’Avorio, Eritrea, Gambia, Guinea, Libia, Mali, Nigeria, Senegal e Somalia, è diventata un’odissea nell’odissea.
La Bourbon Argos per ore rimane nei pressi del porto di Trapani, ma ai suoi appelli nessuno sa dare risposte certe. Dalla città siciliana ribadiscono di non essere in condizioni di gestire quasi settecento naufraghi, c’è posto solo per centocinquanta, dicono. Ma da Msf dicono no. La nave è stracarica e la situazione tesa, il sovraffollamento, la stanchezza, le condizioni difficili in cui i profughi sono stati costretti a viaggiare favoriscono il diffondersi di voci e paure incontrollate, prima fra tutte quella di essere riaccompagnati in Libia. Un’opzione che per molti significa la morte. «Per due giorni, abbiamo cercato di capire dove ci sarebbe stato permesso di sbarcare, attraverso un coordinamento continuo con la Guardia costiera italiana, cercando di mantenere un livello accettabile di sicurezza a bordo», aggiunge Alexander Buchmann. «Questo ha causato gravi rischi per la sicurezza a bordo della nave, obbligando 700 persone in difficoltà a trascorrere due notti intere sul ponte della nave in condizioni molto difficili».
Si decide di far sbarcare solo i due pazienti che necessitano cure urgenti – una donna adulta che soffriva di ipotensione e forti dolori addominali e un bambino di 12 mesi con polmonite, febbre e difficoltà respiratorie – assieme alle loro famiglie. Gli altri invece hanno continuato ad attendere. Si parla di sbarcare in Sardegna, quindi a Messina, poi nel tardo pomeriggio la destinazione cambia ancora. La nave deve sbarcare a Reggio, ma bisogna dare a squadre e autorità calabresi il tempo di organizzare l’accoglienza. Per ore la Bourbon Argos naviga lungo la costa settentrionale della Sicilia – fanno sapere da Msf – in modo da mantenere un contatto visivo con la terraferma e non alimentare paure tra i migranti a bordo. Nel frattempo, nella città calabrese dello Stretto fino a notte fonda gli uomini della Protezione civile e i volontari che con questa collaborano lavorano per allestire il dispositivo di prima assistenza.
All’alba, la Bourbon Argos entra in porto e nel giro di un’ora lo sbarco vero e proprio comincia, secondo le procedure ormai di routine. Controlli medico-sanitari, identificazione, smistamento. Chi non rimane a Reggio per necessari trattamenti sanitari o perché così impone la legge – è il caso dei minori non accompagnati – ottiene un numero appuntato al collo o sul petto con un post it e una destinazione, quindi viene accompagnato sotto i gazebo dove dovrà attendere i pullman che lo porteranno insieme ai compagni di traversata nelle regioni italiane destinati ad accoglierli.
Secondo il piano messo a punto dal Viminale, cento dovrebbero andare in Liguria, altrettanti in Campania, Veneto, Lombardia e Piemonte e centocinquanta in Toscana. Sempre che – si mormora sul molo fra gli addetti ai lavori – non si ripetano anche oggi le abiette manifestazioni capeggiate da Lega e Casa Pound che ieri hanno organizzato i cittadini contro i migranti nel Lazio come in Veneto.
«Una vergogna incommentabile» per chi, nonostante mezzi risicati e forze al collasso, a Reggio tenta di continuare a fornire a chi arriva in fuga da guerra e miseria, non solo assistenza ma anche umanità. Quella che ispira chi regala un giocattolo a un bimbo spaventato, chi procura biberon e latte alle donne – tante – con neonati al seguito o scarpe a chi per mare ha perso anche quelle. Piccoli gesti che non arginano le ferite aperte da decenni di fallimentare politica estera, ma cercano – forse invano – di tenere un sistema che ormai – come denuncia anche Msf – è in affanno.
«La mancanza di preparazione del sistema di accoglienza italiano sta avendo conseguenze molto concrete che stiamo sperimentando in prima persona», ha fatto sapere proprio ieri Loris de Filippi, presidente di “Medici senza frontiere” Italia, mentre il rimpallo di responsabilità lasciava la Bourbon Argos a navigare lenta attorno alla Sicilia in attesa della destinazione finale. «Basta un minimo problema logistico e il sistema collassa. Siamo ancora a luglio, e gli arrivi non si fermeranno molto presto. Il ministero dell’Interno dovrebbe autorizzare lo sbarco nei porti siciliani più vicini al fine di facilitare le operazioni e permettere alle navi di tornare il prima possibile nella zona di ricerca e soccorso».
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
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