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Vibo, 15 anni di archeomafia

VIBO VALENTIA Appena si fa un buco per terra, specialmente in quella zona, viene fuori qualcosa di interessante. A Vibo, città sorta sull’antica Hipponion (subcolonia greca di Locri Epizephiri fond…

Pubblicato il: 20/07/2015 – 17:15
Vibo, 15 anni di archeomafia

VIBO VALENTIA Appena si fa un buco per terra, specialmente in quella zona, viene fuori qualcosa di interessante. A Vibo, città sorta sull’antica Hipponion (subcolonia greca di Locri Epizephiri fondata sul finire del VII secolo a.C.), lo sanno tutti. Ed è così almeno fin dagli anni 60. Fu in quel periodo, infatti, che durante dei lavori edili fu scoperta casualmente l’esistenza dei resti di un complesso sacro, il santuario di Scrimbia (una delle tante Idriadi, le ninfe dei fiumi), eretto in posizione dominante nel luogo di una sorgente del fiume Mesima. Si tratta di un’area archeologica ricchissima, che si estende dalle vicinanze del duomo di San Leoluca fin sopra la collina della cava Cordopatri, fino ad arrivare a via Alcide de Gasperi e, appunto, a via Scrimbia. Proprio in via De Gasperi, al civico 2, nel dicembre del 2010 i carabinieri, simulando un controllo casuale, entrarono in un appartamento da cui, a perquisizione finita, uscirono con una grande quantità di reperti databili, secondo gli esperti, tra il VI e il IV secolo a.C. e recuperati clandestinamente attraverso un cunicolo lungo 40-50 metri.

tunnel 1

Al tunnel si accedeva attraverso un foro nel pavimento del garage dell’appartamento e il cunicolo – puntellato con pali in ferro e dotato di cavi per l’illuminazione elettrica e tubo per lo scarico dell’acqua in superficie – passava al di sotto delle fondazioni del fabbricato e arrivava oltre via De Gasperi, comprendendo di fatto tutta l’area soggetta a vincolo archeologico.

tunnel 2

Facile, oggi, capire perché questa scoperta fatta dai carabinieri, come emerge dalle intercettazioni riportate nelle carte dell’inchiesta, abbia provocato grande fibrillazione nelle persone coinvolte nell’inchiesta portata a termine oggi dalla Dda di Catanzaro. A parlare sono Giuseppe Tavella, finito ai domiciliari, e Francesco Agnini, indagato a piede libero.

TAVELLA: (esclama spaventato)… HAI RAGIONE TU!!

AGNINI: come?…

TAVELLA: AVEVI RAGIONE TU!!…

AGNINI: che?…

TAVELLA: E NON LI VEDI??

AGNINI: allora a posta giravano con il cellulare là dietro!!… Meno male che ti ho chiamato!…

TAVELLA: QUELLI CARABINIERI SONO!!… CI HANNO ARRESTATO!!… A TUTTI!!… (dialettale esclamazione di disperazione)… “focu meu!! focu meu!! focu meu!!”…

AGNINI: meno male che te l’ho detto!!… lo vedi che ti ho chiamato!!… ALLORA ERANO CARABINIERI!… non erano quelli dell’Italgas!…

TAVELLA: MAMMA MIA!!!… STANNO FOTOGRAFANDO TUTTO!!… mamma del rosario!!!… CI HANNO ARRESTATO A TUTTI!… pari pari!!… focu meu!!… focu meu!!…

(…)

TAVELLA: A QUEST’ORA SONO SALITI SOPRA!!… (si riferisce all’appartamento sito al primo piano dello stabile sito in Viale Alcide De Gasperi civico 2, da cui gli indagati si calavano all’interno dello scavo clandestino, ndr) mannaia Dio!… mannaia l’osteria!!… mannaia […parola incomprensibile…] non lo so!… mannaia Dio!… TUTTO ABBIAMO PERSO!… DUECENTOMILA EURO!… Ci è venuto il Natale!!… mannaia l’ossa […parole incomprensibili…] (…pausa…)… ADDIO SOGNI DI GLORIA!!… mannaia l’osteria!!… […parole incomprensibili…]

AGNINI: come hanno fatto?

TAVELLA: HA PARLATO QUALCUNO!!”.

 

TUTTO INIZIÒ CON “SCRIMBIA 2000”

Non sono stati pochi, negli ultimi vent’anni, i “tombaroli” che hanno provato (e probabilmente in molti casi ci sono riusciti) a trarre profitto trafugando reperti archeologici recuperati calndestinamente. I beni oggetto delle attenzioni dei “tombaroli”, tra l’altro, sfuggono spesso alle ricerche degli inquirenti perché sconosciuti fino al ritrovamento e quindi mai catalogati.

Le prime indagini in questo settore partirono nel 2000, e il nome di Giuseppe Braghò ricorre diverse volte nelle inchieste portate a termine dagli inquirenti. La prima inchiesta è stata denominata “Scrimbia 2000”: condotta dal reparto operativo del comando provinciale dei carabinieri, portò alla luce l’esistenza di tunnel lungo 20 metri, e già allora a carico di Braghò – che fu trovato, tra le altre cose, con un metal detector in casa – emergevano rapporti con quello che gli inquirenti definiscono «un noto trafficante internazionale di reperti archeologici» di Taranto, Raffaele Monticelli. Nell’ambito dell’indagine “Pandora”, condotta dai carabinieri del nucleo Tutela del patrimonio culturale di Bari, Braghò fu ritenuto il referente calabrese di un’organizzazione dedita al traffico di reperti storici. Poi ci fu anche “Scrimbia 2001”, da cui emerse che dal tunnel scoperto durante la prima inchiesta ne partivano altri, delle piccole gallerie attraversate da un binario su cui viaggiava un carrellino a ruote sagomate che poi non furono più esplorate a causa di consistenti infiltrazioni d’acqua. Esperto archeologo, per i magistrati della Dda di Catanzaro l’uomo sarebbe «legato da uno stretto rapporto fiduciario al Mancuso (Pantaleone “Vetrinetta”, ndr) e in grado di assicurare alla associazione i contatti necessari con i più qualificati trafficanti d’arte».

 

Sergio Pelaia

s.pelaia@corrierecal.it

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