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La movida cosentina nelle mire del clan

COSENZA La movida cosentina nelle mire della ‘ndrangheta. I venditori ambulanti della fiera di San Giuseppe erano costretti a pagare il “pizzo”. Perché bisognava trovare i soldi per sostenere i par…

Pubblicato il: 22/07/2015 – 14:36
La movida cosentina nelle mire del clan

COSENZA La movida cosentina nelle mire della ‘ndrangheta. I venditori ambulanti della fiera di San Giuseppe erano costretti a pagare il “pizzo”. Perché bisognava trovare i soldi per sostenere i parenti detenuti. Così il clan “Rango-Zingari” di Cosenza avrebbe esercitato un potere assoluto sui commercianti della città dei Bruzi. Lo mettono nero su bianco gli inquirenti nella richiesta di rinvio a giudizio depositato nei confronti di 47 persone, ritenute esponenti del clan bruzio.

Tra i reati contestati ad alcuni indagati c’è anche l’omicidio e l’occultamento del cadavere di Luca Bruni, il presunto boss della ‘ndrangheta cosentina scomparso il 3 gennaio 2012 e il cui cadavere è stato trovato lo scorso dicembre. Nella richiesta di rinvio a giudizio, ora al vaglio del gip di Catanzaro, si contesta anche l’associazione mafiosa per 23 persone, diversi episodi estorsivi ai danni di imprenditori e commercianti di Cosenza, dell’hinterland e del Basso Tirreno cosentino, e il traffico di sostanze stupefacenti. Il provvedimento, che è composto di 32 pagine, riguarda le persone finite in due diverse operazioni. Nel corso della prima, il 27 novembre 2014, è stata eseguita un’ordinanza di custodia cautelare a carico di 20 persone a conclusione di indagini condotte dai carabinieri del Nucleo investigativo di Cosenza, della compagnia di Paola e dalla squadra mobile di Cosenza. Nella seconda, il 12 maggio scorso, 13 persone sono state sottoposte a fermo dai carabinieri dal Reparto operativo del comando provinciale di Cosenza, guidato dal tenente colonnello Vincenzo Franzese. Gli esponenti del clan – secondo l’accusa – avrebbero agito offrendo “protezione” ai commercianti in cambio di denaro esercitando un potere mafioso. In particolare, la cosca avrebbe imposto il pizzo in alcuni locali della movida bruzia. In una circostanza, il gestore di un locale avrebbe dovuto versare la somma di duemila euro per potere «lavorare tranquillamente». E la stessa somma avrebbero dovuta versarla in occasione di Natale, Pasqua e Ferragosto. A dire dei magistrati della Dda di Catanzaro la movida cosentina era oppressa dalla ‘ndrina. Erano diversi, infatti, i locali frequentati dalla Cosenza bene e dai giovani in particolare, a dover pagare il pizzo alla cosca. Perché – come è emerso dalle indagini e dalle dichiarazioni di alcuni pentiti – i Rango-Zingari avevano esteso i loro tentacoli su tutte le attività commerciali della città dei Bruzi.

 

Mirella Molinaro 

m.molinaro@corrierecal.it

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