LAMEZIA TERME L’emendamento al decreto sugli enti locali pensato per risolvere i problemi degli Lsu-lpu calabresi è stato bocciato dalla commissione Bilancio del Senato. L’atto era stato inserito su proposta dei senatori Doris Lo Moro e Vincenzo D’Ascola e accoglieva le deroghe normative utili a risolvere i problemi che si sono già manifestati in alcuni Comuni e che costringeranno i lavoratori a uno stop forzato nei prossimi giorni, perché il numero massimo di ore lavorative, nei centri che li utilizzano per 36 ore a settimana, è già stato raggiunto. L’emendamento avrebbe, invece, parificato i finanziamenti regionali (38 milioni di euro messi a disposizione dalla giunta Oliverio) a quelli ministeriali (50 milioni per gli anni dal 2015 al 2017) rendendoli subito utilizzabili ed evitando così il fermo dei dipendenti e il conseguente blocco di alcuni servizi resi alle amministrazioni locali. Le cifre così recuperate, oltretutto senza comportare oneri aggiuntivi alle casse statali, avrebbero coperto il fabbisogno annuo di tutti gli enti utilizzatori, anche di quelli commissariati o non ammessi al bando ministeriale per la “stabilizzazione” degli Lsu-lpu per errori o scelte censurabili delle amministrazioni. Insomma, una panacea per i mali dei precari storici che la commissione ha deciso di rispedire al mittente, scatenando in breve le proteste tra i dipendenti già esasperati da anni di promesse frustrate. Le organizzazioni sindacali e i sindaci hanno già evidenziato a più riprese che, in assenza dei lavoratori socialmente utili e di pubblica utilità, gli enti locali non sarebbero più in condizione di garantire i servizi essenziali, mentre circa 5mila lavoratori, in tutta la Calabria, resterebbero in una complicata situazione di precarietà. È proprio lo sbocco che pare più probabile dopo la decisione della commissione Bilancio di cassare l’emendamento Lo Moro-D’Ascola. Non tutto è perduto: il decreto di riforma sugli enti locali tornerà in aula, al Senato, il prossimo 27 luglio, e a quel punto si potrebbe tentare di rimettere in gioco il codicillo bocciato in prima istanza. Ma la strada, per i 5mila precari storici calabresi è, di nuovo, tutta in salita.
Pablo Petrasso
p.petrasso@corrierecal.it
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