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GAMBLING | Scacco matto a scommesse e giochi online

REGGIO CALABRIA Ventotto arresti in carcere, 13 ai domiciliari, 5 divieti di dimora, 5 obblighi di firma, ma anche il sequestro di beni per oltre 2 miliardi di euro, fra cui la nota società di scom…

Pubblicato il: 22/07/2015 – 5:07
GAMBLING | Scacco matto a scommesse e giochi online

REGGIO CALABRIA Ventotto arresti in carcere, 13 ai domiciliari, 5 divieti di dimora, 5 obblighi di firma, ma anche il sequestro di beni per oltre 2 miliardi di euro, fra cui la nota società di scommesse Betuniq: sono questi i numeri della vasta operazione antimafia, che prende il nome di “Gambling”, coordinata dal procuratore capo Federico Cafiero de Raho e dal pm Stefano Musolino della Dda di Reggio Calabria, in corso fin dalle prime luci dell’alba su tutto il territorio nazionale. Stando alle prime indiscrezioni, l’indagine ha svelato l’ombra del clan Tegano dietro il vasto universo del gioco e delle scommesse on line. Per questo, su richiesta della Procura di Reggio Calabria e per ordine del gip, gli uomini dei comandi provinciali dei carabinieri e della Guardia di finanza, della squadra mobile della polizia di Stato e della Dia di Reggio Calabria unitamente allo Scico e al Nucleo speciale frodi tecnologiche di Roma della Gdf, fin dalle prime luci stanno effettuando arresti su tutto il territorio nazionale. Sigilli sono stati apposti a 11 società estere con sedi a Malta, in Austria e in Romania, più altre 45 operanti nel settore dei giochi e delle scommesse su tutto il territorio nazionale, nonchè 1.500 punti commerciali per la raccolta di giocate, 82 siti nazionali e internazionali di “gambling on line” e innumerevoli immobili.
 
UN UOMO DEI CLAN AL CENTRO DEL SISTEMA Anima e fulcro dell’intero sistema, nonché principale riciclatore del denaro dei clan era Mario Gennaro, dominus della Betuniq, azienda del settore scommesse fattasi strada in Italia grazie a una rete di imprese legate a ‘ndrangheta e camorra. “Mariolino”, originario di Reggio Calabria, dove è divenuto noto alle cronache giudiziarie perché accusato di aver assalito un portavalori sulla Salerno-Reggio Calabria, portando a casa un bottino miliardario, Gennaro è uscito indenne da quella come da altre indagini e procedimenti che lo dipingevano come un affiliato al clan Tegano, ma soprattutto come uomo di Franco Giorgio Benestare, uno dei cinque generi del boss Giovanni Tegano. Appassionato di poker, Gennaro ha fatto della sua passione un lavoro divenuto estremamente utile al clan che grazie a lui e alle sue trasferte a Malta, dove era solito partecipare a tornei più o meno importanti di poker, è riuscito a pulire enormi quantità di denaro sporco. Il salto di qualità è arrivato con la nascita della società Betuniq, specializzata nel  mercato dei giochi e delle scommesse a distanza, ma che grazie a una serie di server dislocati in Stati esteri riusciva ad aggirare la normativa di settore, garantendo una serie di vantaggi agli utenti ma soprattutto al clan: nessuna tracciabilità dei soldi, quote più alte per le scommesse e pagamenti in contatti. La lavatrice perfetta secondo gli investigatori. A gestire l’intero sistema, una serie di società con sede nei paradisi fiscali, che proprio grazie ai server situati all’estero consentiva di accedere a piattaforme di gioco senza alcun controllo da parte delle autorità.
 
DE RAHO SPIEGA IL SISTEMA CRIMINALE «Siamo di fronte ad uno degli interventi più importanti di polizia giudiziaria perché va a toccare uno degli aspetti più importanti e meno esplorati delle attività criminali. La procura nazionale era informata dell’indagine e ne attendevamo gli esiti». Così ha detto il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, oggi a Reggio Calabria, teatro dell’operazione interforze Gambling, che ha svelato come il clan Tegano avesse messo le mani su una serie di imprese del circuito delle scommesse on line, coinvolgendo nel business diversi clan della città. «L’indagine – ha spiegato Cafiero de Raho – nasce dalle vessazioni subite dal titolare di un centro scommesse, obbligato ad accettare modalità di gioco diverse, che prevedevano che i giocatori potessero puntare in contanti direttamente in agenzia». Una modalità espressamente vietata dalla legge, ma utile ai clan per riciclare ingenti quantità di denaro.  «Le indagini – ha spiegato de Raho – hanno svelato l’esistenza sul territorio di Reggio Calabria e non solo, di una serie di “centri di trasmissione” che avevano un canale parallelo, al di là di quanto  previsto dalla norma, che permetteva ai giocatori di aprire un conto attraverso cui giocare, lasciando però che tutte le giocate avvenissero direttamente in contanti, attraverso il conto aperto dalla società estera al punto di commercializzazione».  Un meccanismo – ha continuato il procuratore – che faceva sì che «il giocatore passasse attraverso la piattaforma di gioco senza essere identificato», ma anche «all’evasione di cifre iperboliche per quanto riguarda le imposte dirette e a un gigantesco giro di riciclaggio».  Ancora più duro, de Raho, rispetto al sistema di (presunte) verifiche: «Non c’è stato alcun controllo da parte di chi avrebbe dovuto eseguirlo. E’ necessario porre delle regole al gioco online altrimenti rischia di diventare un gigantesco e incontrollabile meccanismo di riciclaggio».
 
IL QUESTORE: AGGRESSIONE A NUOVI SETTORI DELL’ECONOMIA «Siamo di fronte a un’indagine che dimostra come nuovi settori dell’economia vengano aggrediti con la finalità di ripulire il denaro. Il contesto che quest’operazione ha svelato segna una nuova frontiera che vede la ‘ndrangheta proiettata ad aggredire nuovi settori e nuovi mercati». Sono queste le parole utilizzate dal questore Raffaele Grassi per commentare l’esito dell’indagine Gambling. «La squadra interforze è stata coordinata in maniera straordinaria dalla procura che èstata in grado di mettere insieme e ricondurre a unità i segmenti d’indagine  svolti dalle diverse forze», ha affermato Grassi, sottolineando che la “sua” Squadra mobile «si è occupata delle attività nel quartiere Archi di Reggio Calabria, dove storicamente insiste la cosca Tegano.
Abbiamo iniziato attenzionando alcuni soggetti del clan, ma ci siamo accorti presto che estendevano la propria attività non solo ad Archi e Santa Caterina, ma anche in centro e nei quartieri della zona sud, fino ad arrivare nella provincia jonica». Tutte zone – ha spiegato il questore – in cui «erano stati creati una serie di circoli ricreativi che funzionavano da centri di trasmissione. Di fatto, veniva creato un banco a parte, clandestino, che aveva la finalità di raccogliere le giocate e i contatti. Settimanalmente le giocate venivano trasferite a Malta tramite bonifici bancari, senza nessuna tracciabilità. Coloro che non provvedevano alla regolare consegna del danaro venivano pesantemente minacciati». Tutti locali oggi passati al setaccio dagli uomini della Mobile nel corso di accurate perquisizioni che già hanno dato i primi frutti. «È stato trovato anche un libretto nero con un vademecum delle giocate e della gestione dei centri, oltre a computer e altro materiale che abbiamo sequestrato e adesso stiamo esaminando».
 
FALFERI: «GENNARO PERSONAGGIO CENTRALE» «Il personaggio centrale del sistema affaristico messo in luce dall’indagine Gambling era  Mario Gennaro, deputato a gestire gli interessi della ‘ndrangheta nella propria unitarietà». A rivelarlo è il comandante provinciale dei carabinieri di Reggio Calabria Lorenzo Falferi, che nel riferire gli esiti dell’indagine spiega che «Gennaro trasforma il sistema, lo fa diventare un sistema affaristico imprenditoriale criminale. È lui a decidere di fare il salto di qualità, iniziando a ragionare in termini aziendalistici, tanto da rischiare anche di provocare malumori». Un’attitudine, afferma Falferi, cristallizzata in una conversazione intercettata, in cui dichiara «di essere chiamato a comportarsi come il presidente di un cda». Nell’evoluzione della società – continua il comandante –  Gennaro «stava studiando di utilizzare la giurisprudenza europea per tentare di dare veste legale all’azienda. Il fenomeno ha subìto un’evoluzione anche nella tipologia di marchi che Gennaro ha imposto per imporre commercialmente la struttura». Ma Gennaro – ci tiene a spiegare il militare – era in primo luogo un uomo di ‘ndrangheta. «Lui era il referente unico e stabiliva lui a chi assegnare i centri scommessa anche tenendo in conto della spartizione territoriale classica».

Alessia Candito

a.candito@corrierecal.it

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