COSENZA La sanità calabrese, e quella cosentina non fa eccezione, si regge sul paradosso. Nell’Asp bruzia di paradossi, a quanto pare, ce ne sono centinaia. Sono lavoratori precari – perché così ha stabilito la stessa Asp in almeno due delibere firmate negli ultimi anni – assunti, però, a tempo indeterminato. Dei precari per finta, insomma. Che erano stati stabilizzati nel 2008, prima che attorno ai loro contratti si scatenasse un uragano politico e giudiziario, finito una settimana fa con tre condanne per abuso d’ufficio.
Procediamo con ordine: sette anni fa, l’allora direttore generale dell’Azienda sanitaria, Franco Petramala, decide di “sistemare” 439 lavoratori che, da anni, lavorano con contratti a tempo determinato. Lo fa con una delibera firmata proprio da uno di essi, Michele Fazzolari, che si “autoassume”. Partono le denunce, prima politiche e poi giudiziarie, finite con le condanne dei giorni scorsi. E i lavoratori che fine fanno? L’Asp, quando la gestione Petramala tramonta e al governo si affaccia il centrodestra, si muove per “cancellare” quella che considera una delibera d’ispirazione clientelare. Arriva delibera 777 del 2011, che annulla l’atto firmato dall’ex dg, ma non finisce qui. Il 12 dicembre del 2012, quando il direttore generale è Gianfranco Scarpelli, gli uffici di via Alimena decidono di prendere atto di una sentenza della Corte dei conti che condannava l’ex manager, pur sottolineando che dalla Regione erano arrivate indicazioni fuorvianti. Nasce così l’intento di sciogliere tutti i rapporti di lavoro “con i dipendenti interessati dal processo di stabilizzazione”. Come? Facendo ricorso al Giudice del lavoro. Anche se, “sino all’esito della pronuncia, permarrà il vincolo contrattuale in atto dei lavoratori interessati”. Da quella data sono passati quasi tre anni, e le buste paga dei precari segnalano ancora che i rapporti di lavoro sono “a tempo pieno indeterminato”. Proprio come avevano disposto le delibere finite nella bufera, annullate e tacciate di essere mere operazioni clientelari. I lavoratori continuano a essere precari, ma a tempo indeterminato. Una piccola metafora della sanità calabrese. Anch’essa precaria senza tempo. Anch’essa un paradosso.
Pablo Petrasso
p.petrasso@corrierecal.it
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